ARTISTI ITALIANI CELEBRI NEL MONDO VITUPERATI DALLA NOSTRA STAMPA

 

I  media hanno il potere di farti odiare chi dovresti amare e di farti amare chi dovresti odiare.

Proseguendo la mia ricerca di artisti italiani famosi nel mondo e odiati dalla nostra stampa mainstream (e non solo) mi sono resa conto che sono soprattutto quelli che hanno un grande successo all’estero ad essere maggiormente presi di mira. I motivi possono essere molteplici: interessi economici, concorrenza tra label e case discografiche, gelosie e invidie personali, oppure la caratteristica  e patologica esterofilia italiana che spinge ad esaltare tutto ciò che è straniero e ad affossare le eccellenze italiane. Come disse Enzo Ferrari “Dietro al successo ci sono lunghe notti, tante prove, tante fatiche, tante delusioni, ma gli italiani non lo considerano […] perdonano tutti, i ladri, gli assassini, i delinquenti di tutti i tipi, tranne chi ha successo.” Se poi la fama di un artista, ma anche di un imprenditore, varca i confini nazionali scatena una gelosia, un rancore e un odio senza uguali. I cittadini delle altre nazioni sono orgogliosi quando un loro connazionale riceve riconoscimenti all’estero, da noi cercano di sminuirlo e di boicottarlo. Probabilmente, la vera ragione di questo fenomeno va cercata nel campo della psicologia, se non della psichiatria. Ma quale ruolo giocano i media nell’alimentare questa tendenza tutta italiana?

Ho già ampiamente illustrato il vergognoso trattamento riservato al gruppo Il Volo da una parte della stampa nazionale e da sedicenti critici che in realtà sembrano più odiatori seriali che esperti di musica, viste le loro recensioni piene di insulti e di improperi e completamente prive di analisi tecnica. Dopo averli sistematicamente ignorati mentre scalavano le vette del successo mondiale, ora che sono famosi anche in Italia cercano di renderli antipatici al pubblico, facendoli passare per arroganti e presuntuosi, mentre i giornalisti stranieri non fanno che lodarli per la loro simpatia e umiltà, oltre alla loro bravura. Ovviamente le critiche sono ben accette se sono obiettive e costruttive, anzi sono necessarie per migliorare, ma quando sono unicamente volte a distruggere l’immagine e la reputazione di un artista, quando sono vergognosi attacchi personali, rivelano mancanza di professionalità, meschinità e invidia.   

L’insostenibile pesantezza della critica

Ma i ragazzi de Il Volo non sono gli unici a dover subire gli strali velenosi di critici e giornalisti. Anche Giovanni Allevi ne è stato più volte vittima. Prima hanno tentato di  sminuire il suo talento accusandolo di comporre brani “troppo semplici”. Come se la bellezza e la capacità di emozionare di una composizione fosse dovuta alla sua complessità!  Quando Giovanni Allevi è stato invitato a tenere il tradizionale concerto natalizio promosso dal Senato della Repubblica, si è scomodato a stroncarlo persino un celebre violinista, Uto Ughi, che dalle pagine di La Stampa ha ragliato: “Il successo di Allevi? Mi offende. Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. E’ presuntuoso e mai originale.”

Commovente fu la replica di Allevi al maestro Ughi che lo aveva così vilmente e ferocemente attaccato:

Ora, proprio su questo tavolino, c’è un foglietto spiegazzato con sopra un autografo. È l’unico autografo che abbia mai chiesto a un artista. Quella sera di dieci anni fa, me ne tornai al mio monolocale da una gremita Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con in tasca quel foglietto, come fosse un gioiello. Non era stato facile nemmeno raggiungere il camerino dell’artista, per un nessuno come me, un anonimo studente in Composizione. Io non avevo amicizie influenti, a stento arrivavo alla fine del mese, affrontavo grandi sacrifici per diplomarmi in Composizione e il biglietto del concerto l’avevo pagato. Ma ora avevo l’autografo di uno dei più valenti violinisti del mondo: lei, Maestro Ughi.

Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto sputarmi addosso tanto veleno, proprio il giorno della Vigilia di Natale? Lei si ritiene offeso, e di cosa? Come fa una musica a offendere, se è scritta e suonata con tutta l’anima? Una musica strumentale senza parole?

Il grande Segovia diceva: «I giovani compositori hanno fatto la mia fortuna, io la loro». Invece Lei ha scelto la via facile dell’ostruzionismo, dall’alto della sua conclamata notorietà. Quel suo autografo che ho sempre conservato gelosamente, dopo tanti anni, per me ora non conta più niente 

Un autentico grido di dolore il suo “Come ha potuto farmi questo?” e si può solo immaginare la sua amarezza nel ricevere un trattamento così crudele e ingiusto da parte del suo idolo.

Una delle tecniche più usate dai giornalisti per manipolare l’opinione pubblica e spingerla a detestare un personaggio conosciuto è quella di distorcere le sue parole oppure estrapolarle dal contesto per attribuirgli un significato diverso da quello voluto dall’autore e farlo apparire odioso.  Purtroppo, il più delle volte funziona e loro lo sanno bene. “Ne uccide più la penna della spada”.

Infatti, alla domanda dell’intervistatore “Cosa l’ha ferita di più?” Allevi risponde: “La mistificazione della realtà, di certe mie affermazioni mai pronunciate, per farmi apparire arrogante e presuntuoso. Mi ripaga l’affetto delle persone che mi hanno scritto manifestando la loro solidarietà. Di questo non finirò mai di ringraziarle”.

Provo imbarazzo per i miei connazionali e persino ripugnanza nell’accennare all’indegno trattamento riservato ad Andrea Bocelli dagli odiatori seriali della rete, ma anche da persone “normali”, che vilmente lo prendono in giro per la sua cecità e inventano meme su di lui, mentre la critica lo ha più volte umiliato definendolo “un cantante da piano bar” suggerendo che la sua fama è stata ottenuta grazie alla sua infermità. In Italia è seguito da una modesta schiera di intenditori mentre in tutti gli altri paesi del mondo riempie interi stadi. Il genere operatic-pop è stato lanciato da lui e imitato da decine di artisti e gruppi stranieri, come Il Divo e Josh Groban, che riscuotono un enorme successo cantando brani della tradizione italiana. Grazie a loro, a Bocelli e a Il Volo le canzoni italiane sono le terze più ascoltate e amate al mondo dopo quelle inglesi e spagnole. Un grande merito va attribuito ovviamente anche al grande Luciano Pavarotti, grazie al suo progetto “Pavarotti and friends” che ha portato la lirica nei templi della musica rock, facendola apprezzare da un pubblico eterogeneo, ed è stato duramente criticato per questo. 

Qualcuno ha mai sentito parlare del compositore Dario Marianelli? No? Eppure ha vinto una quisquilia come il premio Oscar per la migliore colonna sonora del film Anna Karenina nel 2013. Una breve e intensa carriera per questo giovane talentuoso compositore, nato a Pisa nel 1963 che è partito dall’Italia alla conquista del panorama internazionale. Dario Marianelli ha collaborato con il regista Joe Wright alla trasposizione di Orgoglio e pregiudizio (Pride & Prejudice) e una composizione finita in nomination agli Oscar a Il Solista (The Solist) nel 2009. Ha composto brani per il teatro di avanguardia, la colonna sonora dei film Ailsa e I Went Down del regista irlandese Paddy Breathnach, di Cose di questo mondo (In This World) di Michael Winterbottom, vincitore dell’Orso d’Oro al festival di Berlino, dei Fratelli Grimm di Terry Gilliam, di V per Vendetta (V per Vendetta) di James McTeigue, Il colore della libertà (Goodbye Bafana) di Bille August, Il buio nell’anima (The Brave One) di Neil Jordan, e la Jane Eyre di Cary Joji Fukunaga con Michael Fassbender, tra gli altri.

“Spero che il mio Paese si accorga di me: è triste essere celebrato come italiano solo dopo i trionfi all’estero” Ad affermarlo è Alessandro Quarta, classe 1976, salentino. Violinista, compositore, arrangiatore ha studiato con Salvatore Accardo, Abraham Stern, Pavel Vernikov. Standing ovation a Monaco, la CNN lo ha definito “musical genius”. E l’Italia?

Finché hanno successo solo all’estero la nostra stampa preferisce ignorarli, come ha fatto con Il Volo prima che vincessero il Festival di Sanremo.

Ad un certo punto della mia indagine mi è venuto un dubbio. “Non sarà che qualcuno di questi pseudo esperti musicali osa contestare anche il talento e la bravura di Ludovico Einaudi, considerato da molti come uno dei più grandi compositori oggi viventi (opinione da me condivisa) ?”

È stato infatti nominato nell’aprile 2013 dal Ministro della Cultura e della Comunicazione della Repubblica Francese come “Chevalier de l’ordre des arts e des lettres” (Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere); unico artista italiano ad esibirsi agli Itunes Festival, e nominato ai “Classical Brit Awards” per miglior disco dell’anno e miglior compositore.

Stavo quindi per archiviare questa ipotesi come assurda ma ho voluto comunque controllare e …..indovinate un po’?!

Viene fuori che molti sono i critici e musicisti (italiani) che ne disconoscono i meriti, considerando lui e Giovanni Allevi fin troppo sopravvalutati.

Si legge in un articolo: “Einaudi continua a non piacere né a convincere! Molti addetti ai lavori, dicono che Einaudi taglia, copia e incolla dai grandi compositori e poi rivende il prodotto per originale. Il pianista divide pubblico e critica: il primo lo ama alla follia, il secondo lo detesta.”

Ad Einaudi viene risparmiata la denigrazione volta a farlo apparire borioso e arrogante perché questa accusa viene di solito rivolta a chi è partito da zero e ha origini modeste, mentre Einaudi vanta illustri progenitori quindi è considerato “un signore” dalla intellighenzia radical-chic. Perché, se è vero che gli italiani non perdonano il successo e odiano chi lo raggiunge anche oltre i confini nazionali, quando questo è stato per giunta ottenuto unicamente grazie ai propri meriti e al proprio talento diventa oggetto di un astio ancora più rabbioso da parte di una folta schiera di invidiosi che non possono invocare la solita scusa, “è raccomandato, ha parenti e amicizie influenti”, per poter giustificare i propri fallimenti.

Per fortuna nessuna critica negativa è mai riuscita ad impedire il consenso di pubblico di un’opera o di un artista se è talentuoso e valido, specie al giorno d’oggi in cui il passa parola viaggia veloce in rete. Accade anche con i film. Quando un film è molto promosso e pubblicizzato dalla stampa ottiene una prima ondata di pubblico incuriosito che va a vederlo appena esce ma se è scadente si sparge subito la voce e diventa un flop. La maggior parte della gente prima di andare al cinema legge le recensioni degli spettatori, non quelle ufficiali. Gli artisti, cantanti e musicisti, grazie a Youtube si possono ascoltare e se piacciono non c’è critica negativa che tenga. La musica è emozione, a chi ascolta non interessa sapere se la tecnica è perfetta, ma conta l’effetto che ha sulle orecchie e sul cuore.

Sold Out! Questo l’avviso segnato su tutte le tappe – italiane e internazionali, e nei teatri più illustri – di questi straordinari artisti il cui successo non conosce soste.

Riprendendo la battuta scherzosa di Piero Barone, de Il Volo, nel replicare alla stroncatura della stampa dopo la loro vittoria al Festival di Sanremo possiamo dire: “Se questo è l’effetto della critica, signori dateci sotto!”

Il commento di uno spettatore al concerto di Einaudi esplicita bene ciò che il pubblico apprezza maggiormente in un artista: la passione e le emozioni che riesce a trasmettere . Questa caratteristica è comune a tutti gli artisti che raggiungono un gradimento globale e duraturo.

Just look at the passion and love for the music with which he plays.  Look at the way he touches those keys.  I believe what makes him so special is not only his incredible talent as a composer and pianist, but his glaringly obvious passion for the music.  It’s as if the music flows out his fingertips and on to keys he touches.  His music comes directly from his heart and soul.  And we the audience “Feel” his passion.  He doesn’t simply entertain us…..He moves us. (*)

Nino Rota ha incarnato in Italia la prima figura di musicista specialista per il cinema, con un esorbitante numero di film (64 titoli nel solo decennio 1942-52) e tanti, memorabili successi, come quello che gli valse l’oscar alla migliore colonna sonora: Il Padrino – parte II. Rota ha vissuto la sua intera esistenza in una dicotomia non indifferente: da una parte l’enorme successo di pubblico, dall’altra una critica, tutta italiana, troppo ideologizzata per cogliere appieno lo smisurato valore del primo fra i compositori di casa nostra a impossessarsi della statuetta d’oro hollywoodiana.  Tutto il lavoro di Nino Rota fu sempre stroncato  dalla critica perché non seguiva le tendenze musicali del momento.  “Non soltanto i critici e i cultori di musica ‘seria’ – racconta Suso Cecchi D’Amico – considerarono disdicevole l’intensa attività di Nino nel cinema, ma gli stessi suoi colleghi ebbero sempre nei suoi riguardi un atteggiamento di divertita e benevola indulgenza. Il noto cliché del ‘cinematografaro’, o quello più benevolo del ‘musicista di Fellini’ — etichette costantemente appiccicate alla figura di Rota — ne hanno infatti compromesso l’immagine agli occhi del pubblico ‘colto’ e alla stessa massa, pronta a vedere in lui l’allegro e bonario compositore di motivetti per la serie televisiva di Gian Burrasca e il simpatico creatore delle marcette felliniane e di tutte le melodie ‘vernacolari’ che contraddistinguono le sue musiche filmiche.8 Si è così finito per dimenticare che, accanto alle circa 150 colonne sonore allestite per i maggiori registi del secondo dopoguerra, il catalogo di Nino Rota annovera un significativo numero di composizioni cameristiche, di sinfonie e di musica sacra, da lui considerata l’apice della propria esperienza creativa. La musica non filmica rotiana, obliata e snobbata negli ambienti della musicologia cosiddetta ‘colta’, ha così stentato a trovare una riflessione estetica e analitica e, solo recentemente, ad essa sono state dedicate alcune tesi di laurea e un saggio che contestualizza pregevolmente questo catalogo.

Ennio Morricone e Nino Rota, due tra i più grandi compositori italiani (forse i più grandi) del XX secolo accomunati da una caratteristica: quella capacità di sfidare il mondo accademico, attirandosene a volte il disprezzo, imponendo una propria via, lontana dagli schemi avanguardisti e dai cliché delle élite intellettuali e musicali di casa nostra.

Ma nemmeno i registi  che hanno restituito al cinema italiano dignità e prestigio sono risparmiati dalla furia denigratoria di opinionisti e odiatori seriali.

Paolo Sorrentino è stato duramente attaccato da certa stampa per aver osato portare a casa l’Oscar oltre a numerosi altri premi internazionali come il Golden Globe e il BAFTA nella stessa categoria, quattro European Film Awards, nove David di Donatello (su 18 nomination), cinque Nastri d’Argento. “Chi manifestava qualche dubbio sull’effettivo valore del premiatissimo film “La grande bellezza” di Sorrentino ora ha la certezza che il regista è stato sopravvalutato.” sentenzia un giornalista.

Gabriele Muccino è stato definito da alcuni “un regista mediocre, famoso in America dove i film li fanno i produttori ed i dollari. Basta essere disposti a seguirli e si diventa una star”. Aggredito verbalmente con insulti e offese per aver espresso un parere pacato e ragionato su Pasolini è arrivato a dire: “Gli italiani mi fanno paura. Questa violenza verbale, scritta senza nemmeno il pudore della violazione delle regole basiche dell’educazione, mi spaventa. Non è l’Italia che ho lasciato nel 2005, quando mi sono trasferito in America: dieci anni fa la gente non era così“.

I media sono i maggiori responsabili dell’odio che circola in rete, sono loro a legittimare la violenza verbale che gli haters scagliano contro persone che nemmeno conoscono. I giornalisti li fomentano manipolando abilmente frasi e discorsi, riportando nei titoli solo una mezza frase con il chiaro intento di distorcerne il significato e alimentare odio e disprezzo. Spesso, gli haters si limitano a diffondere e commentare notizie evidentemente atte a calunniare e danneggiare una persona senza verificare se quello che stanno diffondendo corrisponde a verità. L’intento di molti opinionisti e critici non è quello di esprimere un giudizio artistico ma di distruggere l’immagine, la reputazione e la vita professionale di artisti il cui successo è vissuto come un affronto personale, oppure perché sono pagati per “indirizzare” il gusto del pubblico e imporre una omologazione culturale globale. Purtroppo, molti “leoni da tastiera” sfogano la loro rabbia e la loro frustrazione online senza rendersi conto che non si tratta di un gioco ma che ciò che scrivono può avere drammatiche ripercussioni nel mondo reale, perché i bersagli delle loro spietate e crudeli invettive sono persone in carne e ossa che vengono ferite e soffrono, specie se l’odio che viene riversato su di loro è immeritato e ingiusto.

(*) Traduzione: Osservate quanta passione e amore per la musica dimostra quando suona. Guardate il modo in cui tocca quei tasti. Credo che ciò che lo rende così speciale non è solo il suo incredibile talento di compositore e pianista, ma la sua evidente passione per la musica. E’ come se la musica fluisse dalla punta delle sue dita fino ai tasti che tocca. La sua musica viene direttamente dal suo cuore e dall’anima. E noi del pubblico “sentiamo” la sua passione. Egli non si limita ad intrattenerci ….. Lui ci commuove.)

Divenire di Ludovico Einaudi

3 commenti

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  2. Eu desconhecia isso que acontece na Itália até recentemente ao saber que o grupo Il Volo é alvo de duras críticas. Agora fiquei sabendo que outros artistas italianos também sofrem com críticas injustas. Não sei dizer o que acontece, mas concordo com você quando diz que público não está muito interessado na técnica e sim na emoção. É isto o que queremos ao ouvir uma música. Se um artista nos encanta com sua voz e com sua interpretação, já estamos satisfeitos. O mesmo pode ocorrer com o som do piano, do violino… Para o público a emoção está acima da técnica.
    .
    Non ero a conoscenza di ciò che accade in Italia fino a poco tempo per imparare che il gruppo Il Volo è il bersaglio di aspre critiche. Ora ho imparato che altri artisti italiani soffrono anche di critiche ingiuste. Non so cosa succede, ma sono d’accordo con te quando dici che il pubblico non è molto interessato alla tecnica, ma di emozioni. Questo è quello che vogliamo sentire una canzone. Se un artista ci delizia con la sua voce e con la sua interpretazione, siamo soddisfatti. Lo stesso può accadere con il suono del pianoforte, violino … Per il pubblico l’emozione è al di sopra della tecnica.

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