Estratto da un articolo di Sergio Benvenuto: http://www.doppiozero.com/materiali/si-vota-sempre-no
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“E’ evidente che un intero popolo non si è dilaniato, come guelfi o ghibellini, sull’abolizione o meno del CNEL, sull’abolizione o meno delle province, sul ridurre o meno il numero dei senatori, altrimenti avrebbero votato tutti sì.
Che la causa del coinvolgimento di massa non fosse il contenuto della riforma è mostrato dal fatto che, non appena la riforma fu approvata, secondo i sondaggi essa era appoggiata dal 60% della popolazione (proprio la percentuale che invece è stata raggiunta il 4 dicembre dal NO). Per questo motivo Renzi era convinto che la maggior parte degli italiani fossero favorevoli alla riforma.
La passione che ha trascinato gli italiani – non era l’abolizione del bicameralismo perfetto, ma il fatto che fosse un referendum pro o contro Renzi. Forse solo una piccola élite vota con la testa, quasi tutti votano sempre e solo con la pancia.
Questa pancia è l’odio (per un minor numero l’amore) per Renzi. Questo odio è scontato a destra, perché, per quanto Renzi abbia sempre cercato di conquistare una parte dell’elettorato di destra, in realtà non l’ha mai conquistato.
Perché si associa così spesso Renzi a Berlusconi? Perché entrambi hanno questa capacità particolare di suscitare passioni totali, amore o odio. Non si odia Renzi perché è come Berlusconi, si associa Renzi a Berlusconi perché li si ama o si odia in egual misura.
Credo che questo odio, sia a sinistra che a destra, nasca da un “errore” di Renzi, che lui credeva fosse invece il suo asso nella manica. L’errore di Renzi – che per me invece è un merito – è l’aver voluto scavalcare il linguaggio della sinistra e della destra, mescolare le carte, darsi un’identità politica fuori degli schemi. Era troppo presto. L’Italia non è matura per questa mutazione.”
Renzi puntava tutto sulla velocità: “farò in pochissimi anni riforme di cui si parla da decenni”. La riforma costituzionale rientrava in questa corsa podistica. Ma le vittorie, che lo rendevano pericoloso come Napoleone, gli hanno attirato un fantasma, come diciamo in psicoanalisi: quello del despota. Moltissimi sinceramente credono che anche questa riforma costituzionale (di cui si parla da 40 anni) fosse un altro modo per vincere lui. Il successo dell’altro angoscia, ci minaccia.
Perciò non ha senso dire che Renzi ha commesso l’errore di personalizzare il dibattito sul referendum. Anche se si fosse defilato, lo avrebbero personalizzato i suoi avversari. Lo abbiamo ben visto con i quattro referendum del 2011. In questo caso Berlusconi non si era esposto particolarmente, ma la gente ha interpretato quei referendum disparati come un plebiscito pro o contro Berlusconi, e siccome un premier dopo due anni e mezzo raggiunge il culmine dell’impopolarità, come abbiamo visto ora con Renzi, Berlusconi ha “perso” i quattro referendum. Penso che Renzi abbia capito che la personalizzazione era inevitabile, e che quindi abbia accettato la sfida, pur sapendo quanto fosse disperata la sua impresa.
Ma l’errore di Renzi più grave è l’aver rinunciato alla retorica di sinistra.
È famosa la battuta di Nanni Moretti in Aprile: guardando d’Alema in un dibattito per televisione, gli urla “Ma dì qualcosa di sinistra!”. In effetti, per lo più essere di sinistra, oggi, è “dire qualcosa di sinistra”. Oggi abbiamo la variante grillina: l’importante è dire qualcosa contro la casta politica. L’importante è dire nel modo corretto, non fare.
Il peccato di Renzi è stato parlare non da leader di sinistra. Eppure ha fatto parecchie cose che l’elettorato di sinistra dovrebbe apprezzare. Sono convinto che quello di Renzi sia stato il governo più di sinistra finora avuto. Ha fatto avere 80 euro mensili in più a chi ha un salario basso, ha dato 500 euro agli insegnanti per la loro formazione, ha fatto approvare la legge sulle unioni civili, è riuscito a far avere qualcosa di più ai pensionati; di recente ha chiuso, dopo sette anni, il contratto con gli statali; ha assunto oltre 100.000 insegnanti; ha praticato una politica di accoglienza dei migranti ampia ed efficace condannando ogni tipo di muro; ha attaccato platealmente la politica europea di austerity che penalizza i paesi del Sud… Ma nella politica conta la retorica ancor più di quello che si fa. In politica si parla sempre di cose concrete, ma alla fin fine l’elettorato si orienta secondo la retorica, perché è quella a toccare l’inconscio, altrimenti detto pancia. E la retorica di Renzi non piace alla sinistra, né ovviamente ai grillini.
Ad esempio, Renzi ha fatto propria la bandiera di abbassare le tasse. Per gran parte del “popolo di sinistra” questo è un discorso osceno, anche se si tratta delle tasse che questo stesso popolo paga. È ormai stabilito che l’abbassamento delle tasse è cosa da destra. Del resto la destra lo ha ben colto. In America si dice che i liberals, la sinistra, “tax and spend”, “mettono tasse e spendono”. Chi è di sinistra parte dal presupposto che occorra tassare per incrementare i servizi pubblici. Se si dice però che con tasse troppo alte le imprese non decollano e non c’è crescita, da questo orecchio non ci vogliono affatto sentire.
Ad esempio, molti rimproverano a Renzi di fare discorsi patriottici. Un leader di sinistra non parla di patria! Anche se io trovo ovvio che il ruolo di premier implichi anche una certa retorica patriottica, parte della sua funzione.
Si prenda il ponte sullo Stretto di Messina. Un ponte è di sinistra o di destra? Il bel Golden Gate Bridge che unisce Marin County a San Francisco è di destra o di sinistra? Il ponte di Øresund che unisce Svezia e Danimarca è di destra o di sinistra? La domanda suona assurda. Eppure, si dà il caso che in Italia di solito chi è di destra sia a favore del ponte sullo Stretto, e chi è di sinistra di solito sia contro il ponte.
Così, rilanciando l’idea del ponte sullo Stretto Renzi ha rafforzato l’immagine che tanti di sinistra hanno di lui: “non è dei nostri”. Uno di sinistra deve riparare le buche delle strade, non può parlare di ponte sullo Stretto! (Ma non è possibile fare entrambe le cose?)
Si dirà: ma il M5S non mescola anch’esso i contenuti, come fa Renzi? Non ci sono cose di sinistra come cose di destra nel loro programma? Perché allora i grillini non appaiono altrettanto cacofonici? Perché si offrono come opposizione radicale, che non ha mai governato. Essi incarnano quello che chiamerei il grande lamento dei frustrati incazzati.
Quando parlo con la gente comune – ma anche con i laureati – sento un lamentarsi continuo di qualsiasi cosa. È come se il nostro vivere sociale fosse totalmente negativo, sbagliato, per cui parlare politicamente significa ipso facto denunciare e lamentarsi. La lamentela, il lagno, è un rumore di fondo continuo, ubiquo, snervante. Si dice: è perché con la globalizzazione c’è un declino dei ceti medi. Ma la lamentela caratterizza molte altre classi sociali. Certamente ci sono molte cose storte, io stesso vorrei cambiare molte cose. Ma qui, ancora una volta, non si tratta di contenuti manifesti, bensì di contenuti latenti. Il contenuto manifesto della lamentela spesso è assurdo o irrilevante. Ad esempio, una mia vicina si lamentava del fatto che – prima della morte di Ciampi – Ciampi ricevesse un vitalizio mentre quei soldi potevano essere spesi per gli studenti all’estero… Un’altra metteva in relazione il fatto di avere un cancro allo stomaco con il cattivo funzionamento del mezzi pubblici a Roma… Ogni giorno ascolto le proteste più assurde, basate spesso su falsità o leggende metropolitane. Ma da dove nasce questa profonda scontentezza del vivere sociale, che poi si flette contro chi ha il potere politico? In effetti, dal 1994 in poi a ogni elezione vince l’opposizione, ovvero si vota contro il governo precedente. In fondo, in Italia vince sempre il NO.”
di Sergio Benvenuto