Covid 19 e il Grande Riavvio del mondo.

di Patrizia Ciava (trishadria)

Molti sono ancora convinti che il progetto denominato «Great Reset», cioè il « grande riavvio » del mondo, connesso alla pandemia sia una teoria cospirazionista.

Una tesi è detta « complottista » quando occorrono ragionamenti astrusi per collegare due o più eventi e stabilire un nesso di casualità tra di loro. Si tratta di teorie alternative, critiche nei confronti delle verità diffuse dai media e comunemente accettate dall’opinione pubblica. Ma è ovvio che se la correlazione tra due eventi è enunciata in maniera formale cessa di essere una “teoria complottista”.

Il “Great Reset” è un piano preciso, ufficiale e ben documentato, sul quale istituzioni internazionali, filantropi, organizzazioni non governative e mega-aziende private collaborano apertamente già da tempo.

Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum, non fa certo mistero del suo progetto di «sfruttare» la pandemia per ridisegnare il mondo. Nel suo libro intitolato appunto «Covid-19 : the Great Reset», esamina i cambiamenti necessari per uscire dalla crisi conseguente al Covid e propone modelli di gestione della società alternativi a quelli esistenti. Il progetto è stato presentato anche da molte altre personalità – dal Principe Carlo d’Inghilterra ai vertici del Fondo Monetario Internazionale, mentre la “maternità” della formula è di Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea.

Il World Economic Forum riunisce ogni anno a Davos, in Svizzera, i Capi di Stato e il gotha politico ed economico mondiale. Inutile quindi evidenziare che gli ideatori dispongono di tutti mezzi necessari per portare a termine il progetto.

«Gli effetti della pandemia sono più simili a quelli di una guerra mondiale che a quelli di una crisi economica» ha detto Schwab presentando la necessità del “reset”.

Dunque, come nel 1945, il mondo è da ricostruire e si deve farlo agendo sui sistemi economici, politici, sociali e umani.

Un concetto che inevitabilmente rimanda a quello che possiamo considerare un precedente illustre: il rapporto Meadows, presentato al Club di Roma da un gruppo di scienziati del MIT, poi diffuso in tutto il mondo, che avvisava sui rischi e i “limiti alla crescita” (era proprio questo il titolo) del nostro modello di sviluppo. Il rapporto prediceva le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema della terra e sulla stessa sopravvivenza della specie umana. Correva l’anno 1972.

Oggi, per resettare il mondo secondo il progetto del WEF, serve una contrazione della produzione e del consumo simile a quella ottenuta durante il lockdown. Ma il prezzo che le classi medio basse hanno pagato è stato altissimo, malgrado i vari aiuti dello Stato. L’Unione Europea, in particolare la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, attiva frequentatrice dei seminari di Davos, non manca di ricordare come la UE stia avviando “il più grande pacchetto di stimolo all’economia di sempre”. Si dovrebbe, tuttavia, ricordare che una parte dei flussi di denaro che generano la struttura economico-produttiva del mondo è irraggiungibile dalle politiche pubbliche in questo momento. La crisi dovuta alla pandemia ha provocato sconvolgimenti economici di proporzioni monumentali, le cui ricadute si sentiranno per anni. Milioni di aziende rischiano di scomparire, soprattutto quelle di dimensioni piccole. Soltanto poche saranno abbastanza forti da sopportare il disastro. Fino al 75% degli esercizi commerciali locali potrebbero non sopravvivere al confinamento e alle misure di distanziamento sociale. D’altronde, considerando che l’1% della popolazione mondiale detiene una ricchezza pari a quella del restante 99%, il proposito di correggere questo divario per combattere le disuguaglianze appare di difficile realizzazione.

I governi, i loro consiglieri, le redazioni dei giornali attraverso cui essi guardano il mondo, spesso si trovano in posizioni privilegiate da cui può sembrare facile pensare di modificare certe dinamiche.

“La pandemia offre una rara ma stretta finestra di opportunità per riflettere, re-immaginare e resettare il nostro mondo “

In ogni caso, che lo si voglia o no, il cambio di paradigma è già in atto. Le nuove abitudini acquisite dalle popolazioni durante la pandemia hanno apportato quell’impulso alla digitalizzazione e all’automazione decisivo per implementare la Quarta Rivoluzione Industriale, che finora stentava a realizzarsi.

Dimentichiamoci il mondo come lo avevamo conosciuto prima del febbraio 2020. La crisi che stiamo vivendo sarà catalizzatore di cambiamenti volti allo smantellando dell’attuale sistema socioeconomico. Come dice lo stesso Schwab « l’unica cosa certa è che non torneremo alla vecchia normalità ».

Stiamo vivendo l’inizio di una nuova era.

E molti, troppi, non lo hanno ancora capito.

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