Per molti italiani la sola parola “estero” evoca un ideale di perfezione e di efficienza.
Questa convinzione è così radicata che recandosi in altri paesi notano solo gli aspetti positivi confrontandoli con quelli negativi dell’Italia.
Ma la realtà ha molte sfaccettature e dipende da come la si guarda.
Giustamente Cesare Marchi rilevava che l’esterofilia italiana trova le sue radici nel «inguaribile provincialismo. Il provinciale è un insicuro, dubita della propria identità, ammira e spalanca le porte a tutto ciò che viene da fuori».
Ora, però, questa esterofilia tutta italiana, sapientemente alimentata dal negativismo dei nostri media e dai numerosi programmi di denuncia (che esistono in tal numero solo in Italia), ha raggiunto livelli allarmanti poiché incoraggiano i nostri giovani a lasciare l’Italia facendo loro credere che all’estero troveranno finalmente l’affermazione professionale auspicata.
In Italia si denuncia spesso la “mancanza di meritocrazia” e, nell’immaginario collettivo, questa carenza è associata a corruzione e nepotismo. Ma occorre sapere che la tanto invocata meritocrazia ha dei risvolti che gli italiani ignorano.
All’estero, infatti, non esiste il concetto di “posto fisso”. E’ facile ottenere un contratto a tempo indeterminato perché è altrettanto facile essere licenziati. Nessun giudice interviene per reintegrare il lavoratore, a meno che possa dimostrare di essere stato licenziato per motivi etnici, religiosi o di genere.
Il concetto di meritocrazia all’estero significa dover essere sempre i migliori, non potersi permettere errori o periodi di stanca, non anterporre mai esigenze personali a quelle professionali.
I media nostrani ci raccontano storie a lieto fine di accademici e lavoratori altamente qualificati i cui talenti, sottovalutati in Italia, sono stati invece riconosciuti all’estero e lautamente ricompensati con incarichi e stipendi prestigiosi.
Ma a fronte di questi rari casi, ci sono migliaia di giovani emigranti, con un titolo di studio in tasca, per i quali lasciarsi dietro l’Italia non vuol dire iniziare una nuova avventura ma solo passare da una precarietà all’altra, continuando lontani da casa la lotteria di lavori temporanei e non qualificati, retribuiti poche sterline l’ora che finiscono in gran parte per mantenere alloggi in abitazioni fatiscenti, pagati a peso d’oro.
Delusioni londinesi:
All’inizio il profumo della novità nasconde ciò che gli occhi non vogliono vedere e tutto sembra bello, anzi bellissimo. Non vedi il traffico, anche se c’è, non ti accorgi che la metro è in ritardo, anche se sono venti minuti che aspetti, non senti la puzza della spazzatura anche se ci sono zone di Londra dove i sacchi neri restano per strada anche 4 giorni, non vedi gli ubriachi per strada perchè ti sembrano solo ragazzini che si stanno divertendo, non vedi le prostitute in minigonna ai lati della strada perchè le scambi per ragazze che hanno solo caldo (a dicembre con il ghiaccio per strada), non ti accorgi di chi ti salta davanti mentre fai la fila al supermercato perchè provi piacere nel fare qualcosa di buono nel paese dove tutti sono buoni e allora lo fai passare e non dici nulla perché forse va di fretta.
Sei cieco perché per anni hai guardato a quel paese come il posto dove andare per cambiare vita, hai ascoltato tutti gli amici che tornavano dalle vacanze (da qualsiasi posto del mondo) e ti dicevano che ovunque si sta meglio che in Italia e allora tu ci credevi davvero e quando i tuoi genitori felici e tristi per un figlio che parte ti salutavano guardandoti negli occhi e dicendoti “Prima o poi ritornerai” pensavi quasi con un’aria di sfida “Mai”.
Passano i primi mesi, i primi anni e quasi per magia quella patina che abilmente nasconde il brutto comincia a svanire e allora ti rendi conto che la realtà è tutta altra storia. E così, le gambe delle ragazzine sudamericane seminude che ti ronzano intorno di notte cominciano ad assumere il loro vero volto, il signore che fa la fila pazientemente dietro di te ma poi con un guizzo improvviso ti supera per salire sull’autobus prima di te scatena il tuo giusto risentimento, ti rendi conto che le ragazze che il sabato sera, dopo essersi imbottite di alcol, camminano a piedi nudi sull’asfalto di Oxford Street e vomitano ad ogni angolo, non si stanno solo divertendo ma sono quasi in coma, i vari barabba che si svegliano la mattina per tirare fino a sera truffando la gente non sono solo attrazione turistica ma sono una brutta realtà dei quartieri di Londra, compresi borseggiatori e simili.
E allora passa ancora un po’ di tempo e cominci a pensare e ancora a pensare. E io ho pensato e mi sono chiesto dove sia finito quel senso di civiltà che avevo adocchiato quando tutto contento ero arrivato la prima volta, dove sia finito il rispetto per le leggi che mi sembrava così imprescindibile per una società “funzionante”, una società dove non credevi esistessero le truffe alle assicurazioni e i furti negli appartamenti con omicidio, una nazione dove non credevi potessi trovare a dirigerti l’ignorante figlio o nipote del Professore Pinco Pallino, che non era stato nemmeno sottoposto a regolare colloquio.
E allora? Allora capisci che l’Italia è davvero il Bel Paese.
http://www.zingarate.com/network/londra/delusioni-londinesi.html
AUSTRALIA:
Per me, che la conosco bene, trovo incredibile che molti giovani disoccupati nostrani, con una laurea in tasca, possano considerarla la terra delle opportunità.
Forse Sydney, con i suoi grattacieli e la sua ben nota Opera House, appare agli occhi di alcuni una metropoli evoluta, dove tutto è moderno, civile e progredito.
Molti italiani, infatti, pensano che i grattacieli siano un segno di civiltà e di progresso, ma evidentemente non sono mai stati in paesi asiatici o mediorientali dove le capitali, anche le più povere, ne sono gremite perché edifici a più piani garantiscono un miglior sfruttamento del terreno e maggior guadagno per i costruttori.
In realtà, l’Australia è un paese piuttosto arretrato dal punto di vista culturale ed è popolata soprattutto da agricoltori. Molti sono immigrati di seconda o terza generazione, sono italiani, asiatici, irlandesi, tutte persone che hanno sgobbato duramente per costruire un avvenire decente per loro stessi e i loro figli. Ancora oggi gli abitanti conducono una vita fatta di duro lavoro e sacrifici, un tipo di vita che la maggior parte dei giovani europei non sopporterebbe nemmeno per una settimana.
Le aziende e i servizi ruotano quasi tutti attorno alle attività principali: l’agricoltura, la pastorizia e l’allevamento di bestiame. L’industria riguarda principalmente la trasformazione dei minerali, dato che anche il lavoro nelle miniere è molto diffuso in Australia.
Ora, invito tutti quelli che inseguono il mito dell’eldorado australiano a porsi una semplice domanda: vi viene in mente un solo brand australiano? Un’auto, un elettrodomestico, un computer, un centro di eccellenza, una azienda prestigiosa, una qualsiasi invenzione attribuibile ad un australiano?
Non vi viene in mente niente, vero?
Ma allora, come potete credere che i “cervelli” disoccupati troveranno lì finalmente la gratificazione tanto anelata e il lavoro dei loro sogni?
Chi ha lanciato questa propaganda assurda?
In Australia si trova facilmente lavoro, certo, ma come raccoglitori di banane o di pomodori, a 9 euro l’ora.
Quindi se volete andare in Australia per fare un’esperienza lavorativa diversa, vivendo un’avventura sicuramente positiva, andateci preparati e senza aspettative insensate.
Ecco alcuni consigli pratici, ricavati da vari articoli e blog, da parte di chi ci è stato e può raccontare esperienze vissute “sul campo”:
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“Sfruttamento: se venite in Australia mettete in conto di essere sfruttati. Specie per chi arriva con poca esperienza la vita è molto dura. Il lavoro non manca (specie quello che i permanent resident evitano volentieri), ma calcolate che la maggior parte delle aziende per le quali lavorerete vi proporranno un contratto “casual” o il più delle volte vi verrà proposto di lavorare cash in hands (lavoro nero). La grande emigrazione dall’Europa sta abbassando radicalmente i salari e specie nelle maggiori città dovrete fare i conti con la spietata concorrenza asiatica e di studenti (i quali possono lavorare solo 20h settimanali). Tendenzialmente anche i contratti fulltime non rispettano gli accordi di categoria previsti.
Le regole: abbandonate la mentalità italiana del “.. Ecchissene…” Qui le regole sono molto severe e la polizia le fa rispettare rigorosamente. Evitate di bere alcolici per strada, è vietato… Allacciate le cinture posteriori in un’auto, alle forze dell’ordine non importa a quale parte del globo voi apparteniate.
La fauna: l’Australia ha una fauna vasta e variopinta. Tuttavia detiene il record di specie di animali letali per l’uomo. Evitate di accarezzare o avvicinarvi troppo a specie che non avete mai visto prima. Animali poco conosciuti in Europa possono tranquillamente essere avvistati per strada ma soprattutto nei parchi cittadini.
Il carovita: è meglio avere un bel gruzzoletto prima di approdare qui. In media nelle grandi città l’affitto di una camera singola si aggira attorno ai 210 dollari a settimana (euro 150). In media una bottiglia d’acqua da mezzo litro vi costa 3 dollari. Un abbonamento dei treni in zona 2 a Sydney lo pagate 52 dollari. E’ anche per questo motivo che il governo raccomanda almeno un minimo di 5000 dollari australiani sul vostro c/c bancario prima di arrivare qui.”
http://solferino28.corriere.it/2013/01/12/laustralia-non-e-leldorado/
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“Spesso i datori di lavoro approfittano della scarsa conoscenza delle leggi australiane, della paura di essere rispediti verso la nazione d’origine e della scarsa conoscenza dell’Inglese per maltrattare il lavoratore.
Paga inferiore al dovuto e condizioni lavorative peggiori rispetto alle normative di legge sono alcuni dei problemi più comuni.
Se venite pagati in contanti è possibile che il datore di lavoro e voi stiate infrangendo la legge. Assicuratevi di ricevere una busta paga e che il datore di lavoro stia pagando tutte le tasse dovute.
A volte lo studente o il giovane straniero viene anche sottoposto a trattamenti razzisti all’interno dell’ambiente lavorativo.”
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“Molti italiani (e stranieri) vengono a Sydney con l’aspettativa di trovare un lavoro subito. Ci si aspetta di venire lautamente pagati e di trovare la possibilità di lavorare per prestigiose aziende o imprese.
Purtroppo, si sbagliano.
Io vengo costantemente scioccata e profondamente rattristita per il livello di sfruttamento del lavoro degli stranieri in Australia. E ‘particolarmente sconvolgente perché la maggior parte degli stranieri arrivano qui con grandi speranze e sogni di una vita migliore …
Di seguito sono i miti riferiti al lavoro in Australia, i quali sono più comuni per gli italiani.
Sono da sfatare.
Mito 1. Troverò un lavoro immediatamente.
Anche se ci sono alcune eccezioni, per la maggior parte potrebbero metterci mesi per trovare un posto di lavoro a Sydney.Il grande afflusso di immigrati e di studenti in “working holidays” da tutto il mondo, fa si che spesso ci siano centinaia di persone in cerca di lavoro in una sola volta e la qualità dei posti di lavoro pubblicizzata qui è bassa.
In ogni caso, prima di trovare un lavoro, probabilmente si dovranno sostenere diverse interviste e prove. La maggior parte delle persone va ad almeno 3 diverse interviste prima di trovare un lavoro.
Mito 2. Ho una laurea quindi otterrò un ottimo lavoro.
Scenario: ti sei appena laureato (congratulazioni!), e vuoi venire in Australia. Perfetto! Ma non pensare che sarà cosi facile essere assunto da una prestigiosa azienda che ti farà lavorare nel tuo campo. Purtroppo, molti datori di lavoro non accettano qualifiche conseguite all’estero e spesso non sono riconosciute.
Mito 3. Ci sono così tanti posti di lavoro in Australia e tutti pagano davvero bene!
Sono molte le storie di italiani che vengono qui con la promessa di infinite opportunità di lavoro e ricchezza solo per finire a lavorare 50 ore alla settimana per 12 dollari l’ora. Questo è sfruttamento!
Molti di voi probabilmente non sapete che per legge il salario minimo nel NSW è 15 dollari l’ora. Se venite pagati meno di 15 dollari l’ora, siete stati sfruttati.
Mito 4. Gli australiani sono molto rilassati quindi le ore di lavoro non saranno poi cosi lunghe.
Se si lavora in un ristorante o caffetteria, è molto probabile che non avrete pause durante il turno e che si dovrà lavorare molte ore. Questo è sfruttamento. Secondo la legge del NSW, nessuno dovrebbe lavorare ininterrottamente per più di 5 ore senza una pausa.
Conosci i tuoi diritti! Non sei venuto in Australia per essere trattato come uno schiavo!!”
http://www.sydneyxitaliani.com/jobs-in-sydney-myths-exposed/
“Scrivo perché non caschiate nel tranello d’illusione che ci propinano di continuo e per speranza o che, ci sono cascata ma poi ho dovuto fare i conti con la realtà.
Tutti vi dicono che qui si trova lavoro facilmente. Sì, ma sottopagati e lavori duri davvero, la competizione è altissima, ci sono un sacco di stranieri e qui chiedono un sacco di esperienza anche per fare il cameriere e se improvvisate che ce l’avete, beh lo fanno tutti, vi sgamano. Spesso mettono in nero, specie se provate nei ristoranti italiani (cosa che vi sconsiglio vivamente, non fate comunella con altri italiani, altrimenti statevene a casa) anche gli indiani pagano male magari però ti mettono in regola. Spesso non vi accettano solo perché avete il WHV, mal visto, davvero, se cercare come concierge receptionist, segretarie, commesse state freschi avrete possibilità solo nelle hospitality ossia la ristorazione e non si prende molto e ripeto ci vuole L’ESPERIENZA. Quindi lavapiatti camerieri e baristi all’opera! Io non riesco a trovare nemmeno in questo campo perché non ho nessun tipo di esperienza, ho fatto 3 giorni in un bar di un autolavaggio, il primo giorno training non pagato e gli altri due a 11,99 dollari mi hanno detto che mi avrebbero richiamato a lavorare e invece niente più da due settimane.
Ora? consegno le pagine gialle, 7 ore sotto il sole 25 cent a pagina gialla consegnata, due ore di viaggio andata ritorno dal lavoro a casa 70 dollari di mezzi a settimana e un affitto caro come il fuoco per solo una stanza. E questo è il meglio che mi hanno proposto… “
https://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20130327201239AA0fDQi
LONDRA:
Un secolo dopo i bisnonni, gli italiani tornano ad emigrare in massa verso Londra, ancora considerata città di opportunità e meritocrazia.
Ma lo è davvero?
I media nostrani ci raccontano storie a lieto fine di accademici e lavoratori altamente qualificati i cui talenti, sottovalutati in Italia, sono stati invece riconosciuti all’estero e lautamente ricompensati con incarichi e stipendi prestigiosi.
Ma a fronte di questi rari casi, ci sono migliaia di giovani emigranti, con un titolo di studio in tasca, per i quali lasciarsi dietro l’Italia non vuol dire iniziare una nuova avventura ma solo passare da una precarietà all’altra, continuando lontani da casa la lotteria di lavori temporanei e non qualificati, retribuiti poche sterline l’ora che finiscono in gran parte per mantenere alloggi in abitazioni fatiscenti, pagati a peso d’oro.
“Dallo scoppio della crisi, l’arrivo di giovani italiani con in tasca ‘lauree deboli’, generalmente umanistiche, è cresciuto in maniera esponenziale” dice Carolina Stupino, giornalista dell’Ansa, a Londra da 13 anni, “la ricerca d’impiego si trasforma spesso in una feroce corsa ad ostacoli dove il sogno di un futuro migliore passa per costosi investimenti in corsi e master e per l’incertezza di una lunga ed estenuante gavetta tra ristoranti, caffetterie ed altri impieghi mal pagati.”
Molti italiani finiscono con lo svolgere a Londra lavori che in Italia non farebbero mai, illudendosi che sia solo un “trampolino di lancio”. Ma non dimentichiamo che la società inglese è molto classista e che il nepotismo esiste anche lì, forse in maniera anche più accentuata che da noi; il figlio di un idraulico di Manchester ha poche probabilità di studiare e di diventare un qualificato professionista.
In Inghilterra, la quasi totalità di quelli che occupano posizioni di rilievo provengono da esclusive scuole private, inaccessibili ai figli delle classi meno abbienti (“In every single sphere of British influence, the upper echelons of power are held overwhelmingly by the privately educated or the affluent middle class.” – The Telegraph)
Testimonianze –
Riccardo, pugliese, una laurea in tasca in agraria, lascerà a breve Londra, per andare ad insegnare le sue materie in Asia: “Le paghe non sono straordinarie laggiù ma almeno potrò svolgere un lavoro adeguato alla mia preparazione”. Dopo 8 anni a Londra e centinaia di curriculum inviati in Inghilterra ad aziende ed istituti di ricerca del suo settore, ha ottenuto solo una manciata di colloqui. Per mantenersi, ha mostrato di essere ben poco choosy, lavorando fin dai primi tempi del suo arrivo, presso la reception di un hotel: “Il costo della vita a Londra consente solo a chi può permetterselo di non lavorare e dedicarsi alla ricerca a tempo pieno della propria strada – puntualizza -. Gli altri sono costretti, per lunghi periodi, a ripiegare su lavori mal pagati nel campo alberghiero o in qualche call-centre, tutte attività che finiscono per occupare l’intera settimana. D’altronde con un minimo sindacale di sei sterline l’ora, anche lavorando a tempo pieno, gran parte dello stipendio va via tra affitto e spese per i trasporti”. Difficoltà che lo portano, in fondo, a una conclusione amara. “Con pochi soldi in tasca, la qualità della vita a Londra è pessima. Aldilà dell’esperienza umana – conclude – non saprei dire, a distanza di anni, se valga davvero per chiunque la pena di trasferirsi qui”.
Il posto fisso è un miraggio anche all’estero
scritto da: Redazione OK in Vita da ricercatore | Permalink
Post di Claudia Mauri, professore associato di reumatologia all’University College a Londra.
Vorrei per una volta difendere il nostro Paese e rassicurarvi che la decisione di rimanere all’estero non è, per la maggior parte dei ricercatori, dovuta alla mancanza di un posto fisso in patria, ma è principalmente dovuta alla natura del nostro lavoro. Se i ricercatori di tutto il mondo smettessero di muoversi finirebbe l’essenza della natura della ricerca e sopratutto la generazione di nuove collaborazioni fra laboratori internazionali. Vi sognereste mai di chiedere a un diplomatico di non spostarsi e rimanere in Italia o, dopo pochi anni, di rientrare? Il mio laboratorio è costituito principalmente da ricercatori stranieri (due inglesi e otto stranieri) i quali non hanno, almeno al momento, intenzione di ritornare nei loro Paesi. Nessuno di loro ha un posto fisso. Vi assicuro che il mio non è un laboratorio speciale ma rappresenta la realtà dei laboratori internazionali. Vivendo a Londra da oltre 15 anni, ho rinforzato il concetto che la mobilità è uno dei requisiti essenziali per diventare un bravo ricercatore. Mi dispiace sentire persone dire che quelli investiti nella nostra educazione sono soldi buttati visto che non rientriamo.
Vi rammento che in Inghilterra, così come negli USA, non esiste il vero posto fisso. In realtà quello che qui si chiama permanent position è una meta che solo pochi raggiungono dopo anni di gavetta, e non tutti sono interessati ad ottenerla. Infatti, la maggior parte dei ricercatori in Inghilterra cambia mestiere molto prima. In ogni caso ogni cinque anni siamo tutti (permanent staff) scrutinati per vedere se le nostre performance hanno incontrato le aspettative previste, se il giudizio è negativo si viene licenziati con molta facilità.
Forse chi pensa di trasferirsi a Londra dovrebbe leggere anche ciò che scrivono giornalisti e cittadini inglesi:
Meritocracy in the UK
Why don’t we, “the great unwashed”, reject the social networks of nepotism and cronyism that infest our nation?
“In every single sphere of British influence, the upper echelons of power are held overwhelmingly by the privately educated or the affluent middle class.
http://blogs.ft.com/off-message/2013/11/12/major-discovers-that-britain-is-an-unfair-meritocracy/
Forum:
I hate this country, if you aren’t 1) related to someone in industry or 2) know someone in industry, or 3) rich and wealthy, then there’s only one place for you, unemployment or under-employment. It doesn’t matter how good you are, what your grades are, all that matters is the 3 things above, and if you haven’t got one of them, you will NOT get your foot in the door!
I got a first, i have a great CV and have tried every job searching techniques there is. I remain under-employed.
·Crue-K answered 2 years ago
Your situation is typical of many in the UK. You do all that is required plus more, in the hope of securing a good job so you can get on in life. Alas, we are all victims of successive Governments who can never make their minds up where their priorities lie. Unemployment is rising yet the Government are hell bent on reducing the welfare bill, rather than investing in new jobs. Expect this current economic and employment climate to continue for a good few years. Or as Ian Duncan Smith wisely said “get on a bus”, what a t w a t!!!!
·Vanessa answered 2 years ago
That’s America too, sweetie. I went to college and a degree and all of that, and two years later I’m still looking for a job. 😦
However, my best friend’s step-mother is a very important and influential person in their area, so even though my friend has no college education, she got a job almost immediately.
·Jules answered 2 years ago
Are you prepared to go abroad. Have you thought about Australia a young and vibrant country which seems to recognise talent and embrace it.
I don’t know if there is much on the web, but why don’t you contact Australia House in London for job opportunities. In the meantime don’t give up on the UK, to find work will be all the sweeter.
·Flying Fid (redux) answered 3 years ago
This is Britain for you, the only thing most Brits care about is money and status, the more they have the more they want. Especially in the South and even more so in London. The idea that we live in a meritocracy is a sick joke really, look at those in power over us, can you see any intelligence and merit in them? If I was you I would move abroad to a country that will recognise your skills, this country will not do that.
http://uk.answers.yahoo.com/question/index?qid=20101118101157AAawQVX
Vivo a Londra da ormai più di tre anni, ma non ho scelto Londra perchè fa cool ma perchè è ancora uno dei pochi posti dove l’economia sembra resistere alla crisi e sai che prima o poi un lavoro, anche umile lo trovi. Confermo per esperienza che ciò che si dice nell’articolo è vero, ormai il mercato è saturo di giovani laureati di buone speranze e ormai si sta diffondendo anche qui la tendenza nelle compagnie inglesi ad offrire salari più bassi del normale ai nuovi arrivati perchè tanto (e cito testuali parole del mio boss) “al momento molti si reputano già fortunati ad avere un lavoro”. Io per trovare il mio (faccio il consulente privato per la sanità pubblica) ed uscire dall’infinita lista di lavori da minimum wage ho capito che l’unica via era di fare la specialistica in UK. Ho studiato due anni part-time e per cercare di mantenermi ho lavorato praticamente come uno schiavo con orari allucinanti e paghe da fame. Ora finalmente faccio il lavoro che volevo fare anche se sono pagato poco per ciò che faccio, ma almeno so che da questo punto in poi il mio salario più solo crescere. Ormai non basta più la buona volontà e sapersi adattare per uscire dalla fascia di povertà, bisogna accettare il fatto che ormai si deve essere disposti a ripartire da zero se davvero ci si vuole trasferire in questo Paese.
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Ecco come si comportano le altre nazioni: “Scontri a Stoccolma: la tendenza da queste parti è stata sempre quella di nascondere la polvere sotto il tappeto, di non parlare dei temi più scomodi. Si è preferito allontanare tutto ciò che contrastava con quella immagine -autoimposta- di Eden del benessere”
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2013/5/27/SCONTRI-STOCCOLMA-Le-periferie-bruciano-contro-l-Eden-del-benessere/396952/
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Scusami ma i motivi che racconti sono piuttosto futili. Ma perche’ nessuno racconta la verita’ sull’Australia?
L’Australia e’ un paese fantastico per chi ama la natura, ma purtroppo l’idea che la maggior parte degli Italiani hanno di questo paese e quella di venire qui per vivere in una grande citta’ come Sidney o Melbourne. Che alla fine dei conti non sono diverse da tutte le altre citta’ Europee.
Credo sia doveroso dire la verita’ alle persone che vogliono emigrare in Australia, del profondo e radicato sentimento di razzismo e discriminazione che incontrerete nel momento che dovrete cercare un lavoro in Australia.
Mi spiego meglio: per tutti coloro che volessero venire a vivere da queste parti, pensate che allo stato attuale, esistono solo due modi per ottenere un visto di lavoro permanente: il primo venire come studente, universitario o no, intraprendere una carriera che in Australia sia richiesta, spendere una fortuna, (pensate che mediamente un universitario spende 30 000 dollari all’anno solo di retta universitaria, ma anche i corsi professionali costano un occhio, per esempio un corso di cuoco puo’ arrivare a costare all’anno anche 20 000 dollari) e quindi una volta ottenuta la certificazione di idoneita’ cercare un lavoro che vi permetta di rimanere a vivere in Australia.
Oppure cercare uno sponsor, (Missione Impossibile se non siete un talento piu’ unico che raro in uno dei settori richiesti:(Ingegnere, Medico, chirurgo ecc,).
In Australia non basta essere un professionista con anni di esperienza, bisogna esserlo in un settore specifico di primaria importanza per l’economia australiana che si sostenta non sui lavoratori ma sugli studenti delle famiglie abbienti, per la maggior parte Inglesi.
E tutti quelli che dicono: “a pero’ e pieno di gente dello Sri Lanka”! Pensate che tutta questa gente, arriva sulle coste australiane come rifugiata senza documenti, ai quali, sembra, che il governo australiano dia piu’ importanza che agli europei che arrivano con studi e qualifiche. Se non avete l’intenzione di arrivare in zattera lasciate perdere questa opzione.
Per quanto riguarda tutti i ragazzi con meno di 30 anni che arrivano con una working – holiday, dopo un anno di lavoro come cameriere o pizzaiolo o giu’ di li senza uno sponsor preparate le valigie perche’ si torna a casa, e considerando che solo a Melbourne ci sono un milione di italiani, fate bene i vostri calcoli.
Con questo non voglio scoraggiare nessuno a provarci pero’ prima di pensare di trovare la terra promessa, pensate che venire qui in vacanza e’ molto diverso che venire qui a vivere. Solo nell’ultimo anno sono stati cancellati piu’ di mille visti e tre delle piu’ grandi aziende automobilistiche del mondo hanno chiuso negli ultimi tre mesi e sono andate via dall’Australia.
Il governo Australiano taglia le gambe a tutti quelli che pensavano di venire a cercare fortuna qui, magari come operaio o in una fattoria. Gli unici contratti di lavoro con Sponsor che ho visto fare a Italiani, li ho visti fare direttamente a professionisti che vivono in Italia, cioe’ vengono contattati dalle imprese in Italia per poi trasferirsi in Australia.
E’ dura ragazzi. Comunque in bocca al lupo a tutti quelli che vogliono provarci.
A proposito quasi dimenticavo, Il governo Australiano ha deciso di togliere i boschi della Tasmania dal patrimonio dell’umanita’ UNESCO, per aprirli allo sfruttamento edilizio.
Niente male NO?
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Brand australiani? Billabong, UGG. Invenzioni Australiane? Il Wi-Fi.
Paese prevalentemente agricolo? In Australia nel 2012 si contavano 135000 fattorie. Mediamente una famiglia di contadini/allevatori conta 4 persone. Quindi la popolazione agricola, contando i salariati (facciamo altre 4 persone in media per farm) sarebbe di poco superiore al milione. Il 4-5% della popolazione australiana.
Sugli animali… Quelli pericolosi sono perlopiù serpenti, ragni e alligatori. Alzi la mano chi va a zonzo ad accarezzare tali bestiole.
Le paghe sono ottime, se si è abbastanza svegli da evitare le fregature…
Per il resto tutto il mondo è paese, disonestà e corruzione esistono ovunque ma sinceramente, nel mondo occidentale, penso che peggio deI sistema Italia ci sia ben poco.
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Ma infatti non mi sembrano per nulla pochi i 15 dollari orari minimi… significa a 50 ore settimanali 3000 dollari circa al mese… Io sono un ingegnere che lavora dal 2008 e arrivo a prendere poco meno di 2000 euro grazie principalmente agli sgravi per moglie e figlio a carico.. fate un po’ voi… faccio circa 45-46 ore settimanali.. e attenzione mi sono dovuto spostare di 750 km da casa.. non è che il lavoro me l’hanno dato sotto il naso (con tutto quello che ne consegue.. affitto e poi mutuo). Quoto e sottoscrivo quello che hai scritto: “penso che peggio deI sistema Italia ci sia ben poco”
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Attenzione, si parla di dollari australiani non americani, corrispondono a 9 euro l’ora.
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