LE ISTITUZIONI EUROPEE PARLANO TEDESCO.

 

Non è ironico che un progetto designato per contenere la brama di potere tedesca si sia trasformato in una Europa a dominazione tedesca” sosteneva Nigel Farage in uno dei suoi discorsi in Parlamento.*

Pochi hanno capito che la Brexit è stata essenzialmente una rivolta contro la dominazione tedesca dell’Unione Europea.

Le leve di potere nella UE sono infatti attualmente in stragrande maggioranza in mano alla Germania.

Nei palazzi i funzionari che contano sono tutti tedeschi e sono quelli che prendono ogni giorno decisioni in grado di influenzare la vita di circa 500 milioni di cittadini, lavorando in piena tranquillità e al riparo dalla ingerenza di stampa e opinione pubblica. Nonostante le differenti appartenenze politiche, tutti lavorano per gli interessi tedeschi. La Germania è in grado di fare sistema. Cosa che gli italiani non sanno fare.

Ma come vengono scelti e posizionati tutti questi eurocrati?

In principio erano le quote nazionali; l’idea di ridistribuire le cariche e i posti nelle istituzioni in modo equo tra le nazioni. Un principio che, sulla carta, ancora regola concorsi e quote di massima nell’assegnazione dei posti,ma che viene meno quando in gioco sono non tanto il numero, ma l’influenza delle cariche. 

Ai posti più influenti, infatti, ci sono soprattutto tedeschi ad occupare portafogli e posizioni strategiche.  

Ursula Gertrud von der Leyen, Presidente della Commissione europea, è tedesca, ex ministro della Difesa nel Governo di Angela Merkel 

Klaus Regling , Amministratore Delegato del MES, è tedesco.

Oltre alle direzioni generali, l’esecutivo UE conta anche i 28 gabinetti dei diversi Commissari europei. Molto si è scritto sull’eminenza grigia dell’ufficio del Presidente Jean-Claude Juncker, cioè il tedesco Martin Selmayr. 

Il tedesco Martin Selmayr, Segretario Generale della Commissione europea installato con un colpo di mano – definito anzi da qualcuno “colpo di Stato” – nel febbraio 2018, è stato inutilmente contrastato per mesi, fino al marzo scorso, dall’Ombudsman e con risoluzioni del Parlamento votati a larghissima maggioranza senza ottenerne la rimozione. 

Ne avete sentito parlare?  No? Che strano! 

La forte presenza di tedeschi nei posti chiave delle istituzioni UE è stata documentata in questi anni da diversi studi di settore. Il think-tank Bruegel ha dedicato al fenomeno della cosiddetta germanizzazione dell’UE una ricerca specifica.

«L’intensificarsi della presenza tedesca nei posti chiave in Europa è un fenomeno relativamente recente» afferma Gregory Clayes, ricercatore del Bruegel e autore dello studio. 

«Possiamo datarla in modo specifico dal 2009. Sono gli anni della crisi economica in Europa. I Paesi faticano, la crisi dei debiti mette in evidenza le fragilità di Francia e Italia, mentre il modello tedesco emerge come l’unico in grado di resistere agli scossoni esterni». Ma «non è soltanto l’economia a contare» continua. «C’è anche la politica e la visione europeista.

Oltre alla potente Commissione UE anche l’Europarlamento parla tedesco. 

Caso unico nella storia dell’assemblea UE, il Presidente, il socialista Martin Schulz, è riuscito a restare in carica per due mandati consecutivi. Il presidente uscente è l’italiano Antonio Tajani e l’attuale presidente è l’italiano David Maria Sassoli, ma il Segretario generale è il tedesco Klaus Welle che ricopre questo ruolo da ben 11 anni, fin dal 2009.

Il più grande gruppo politico è quello dei Popolari, guidato anch’esso da un tedesco Manfred Weber.

A una panoramica dei vertici UE salta agli occhi che nei posti principali di ognuno dei dicasteri – o quantomeno di quelli con più poteri – c’è almeno un tedesco.

Citando alla rinfusa:

  • Commissario UE al Bilancio è il tedesco Gunther Oettinger.
  • Presidente del Fondo europeo di stabilità finanziaria è il tedesco Klaus Regling,
  • presidente della Corte dei Conti europea è il tedesco Klaus-Heiner Lehne,
  • direttore generale dell’EUROSTAT è il tedesco Walter Radermacher,
  • commissaria alla Concorrenza è la danese Margrethe Vestager (di Sinistra radicale), ma direttore generale è il tedesco Johannes Laitenberger. 

E ancora:

Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza , commissaria uscente è l’italiana Federica Mogherini ma Segretario generale è la tedesca Helga Schmid, commissaria al Commercio è la svedese Cecilia Maelstromn ma Direttore generale è la tedesca Sabine Weyand, commissario per la Direzione generale per l’Energia è lo spagnolo Canete e direttore generale è un francese ma Direttore generale aggiunto è il tedesco Klaus-Dieter Borchardt

Il catalogo non è ancora finito: all’Ufficio della Ombudsman irlandese O’Reilly, Segretario Generale è, dal settembre scorso, l’italiana Cesira D’Aniello, ma responsabile per day-to-day relations con il Parlamento europeo è il tedesco Frederik Hafen e tedesca è anche la “Case handlerMichaela Maria Gehring.

Governatore della Banca centrale europea, con sede a Francoforte, fino a ieri era l’italiano Mario Draghi, oggi sostituito dalla Lagarde.  Ma direttore della Banca europea degli investimenti, con sede in Lussemburgo, è  il tedesco Werner Hoyer. E Presidente del Consiglio di Amministrazione della potentissima Banca per i regolamenti internazionali di Basilea è il presidente della Bundesbank Jens Weidemann, l’anti-Draghi per eccellenza. 

Va ricordato inoltre che nella stessa Bce presieduta da Draghi, una dei sei membri del Consiglio esecutivo era la tedesca Sabine Lautenschläger, che si era dimessa in polemica con la politica accomodante di Draghi, poi sostituita da Isabel Schnabel.

Federico Fubini in un editoriale del Corriere ha notato che, mentre Lagarde faceva retromarcia dopo aver dichiarato che «non è compito della Bce far scendere lo spread», parole che hanno scatenato una tempesta finanziaria speculativa su molti paesi europei come l’Italia, i tedeschi Jens Weidmann e Isabel Schnabel, rispettivamente presidente della Bundesbank e componente dell’esecutivo della Bce, «non hanno detto una sola parola». Il motivo è tanto semplice quanto preoccupante:

«Quei silenzi rivelano la partita politica che si sta giocando sotto la tragedia dell’epidemia. In certi ambienti europei serpeggia l’idea che questo è il momento in cui l’Italia finisce in un angolo e dovrà accettare quel che ha sempre rifiutato: un salvataggio del Fondo monetario internazionale o delle istituzioni europee. Dovrà accettarne anche le condizioni, naturalmente.».

L’atteggiamento profondamente nazionalista della Germania si è reso evidente quando milioni di mascherine acquistate dall’Italia (19 milioni in tutto in diversi paesi secondo l’Ansa) sono state bloccate in Germania dopo l’ordine da parte del governo di vietare l’esportazione di materiale sanitario. Solo un deciso intervento di protesta di Bruxelles ha convinto Berlino ad aprire le frontiere per lasciar passare i camion carichi di presidi ospedalieri (acquistati tra l’altro dall’Italia in paesi terzi e già pagati). Il comportamento dei tedeschi che mira a danneggiare gli alleati europei proprio nel momento in cui ci sarebbe bisogno di unità «mette in gioco il futuro dell’UE», conclude Fubini.

Difficile dargli torto.

***

* “ It’s an irony isn’t it, that the project that was designed to contain German power has now given us a totally German-dominated Europe”

Brexit is a revolt against a German-run European super-state

https://www.cnbc.com/2019/02/04/brexit-is-a-revolt-against-german-run-europe-super-state—commentary.html

 

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