Chi ha seguito una dieta ipocalorica avrà notato che man mano che si va avanti la voglia di ingurgitare dolci e cibi ipercalorici si fa sempre più pressante. Molti attribuiscono questo fenomeno a problemi psicologici o a mancanza di volontà.
In realtà accade perché le diete, specie se ripetute, portano il cervello a credere che il nostro organismo sia vittima di un periodo di carestia e di conseguenza mette in atto tutte le risorse a disposizione per accumulare quanto più possibile energia per far fronte ad ulteriori futuri periodi di ‘magra’. Nel momento in cui può reperire cibo spinge l’individuo ad assumerne quantità eccessive, in questo modo si prepara ad affrontare il successivo periodo di “fame”. Ecco perché tra una dieta e l’altra le persone tendono a strafogarsi di cibo, il cervello è convinto di dover mettere da parte provviste. E la sensazione di “perdita di controllo” nel mangiare che prova il soggetto è dovuta proprio all’urgenza imposta dal proprio cervello di immagazzinare quante più energie possibili in vista di una probabile prossima carestia. L’ipotalamo, la parte del nostro cervello responsabile del controllo degli stimoli di fame e sazietà, manda impulsi impossibili da controllare innescando meccanismi primitivi che spingono impulsivamente a mangiare.
Inoltre, durante le fasi di restrizione alimentare l’organismo si adatta e modifica la sua efficienza metabolica – cioè la velocità con cui brucia grassi e zuccheri per produrre energia – e tenta quindi di risparmiare energia tramite una diminuzione del metabolismo basale, dell’energia cellulare, e della velocità di ricostruzione dei tessuti. È come se l’organismo, in presenza di una restrizione, percepisse di trovarsi davanti ad un’emergenza, ad una carestia e rallentasse tutte le sue attività per risparmiare e per non soccombere alla mancanza di cibo. La conseguenza è che il nostro corpo tenderà a bruciare meno grassi e sarà portato a recuperare in breve tempo, e spesso con gli interessi, i chili persi.
L’aumento di peso che si verifica spesso dopo una dieta non sta quindi a significare che il metabolismo di una persona non funziona o che quel soggetto è travolto da un desiderio psicologico incontrollabile per pasta e dolci. Il suo metabolismo ed il suo cervello invece funzionano alla perfezione ed è l’incertezza sulla disponibilità di cibo in futuro a scatenare la risposta evolutiva che porta ad aumentare di peso.
Meglio quindi non esagerare con il taglio delle calorie per far sì che il cervello non pensi di trovarsi nel bel mezzo di una carestia e di dover mettere in campo tutte le possibili strategie per conservare l’energia. Ovviamente sotto forma di grasso e di chili di troppo.
Il modo migliore per dimagrire è mangiare un po’ meno del necessario, in maniera stabile e continuativa, facendo anche esercizio fisico. In questo modo si hanno molte più probabilità di perdere peso in maniera duratura, che non sottoponendosi a diete drastiche.
La classica dieta mediterranea, che tutto il mondo ci invidia, è la migliore in assoluto per mantenere un regime alimentare equilibrato e regolare, evitando gli sbalzi di peso di tipo yo-yo. I numerosi studi incentrati sui benefici che comporta questo tipo di alimentazione lo dimostrano. Essa rappresenta uno vero stile di vita la cui importanza è stata riconosciuta dall’Unesco che l’ha definita patrimonio immateriale dell’umanità.
La Dieta Mediterranea con le sue peculiari caratteristiche si è imposta in tutto il mondo quale modello di dieta salubre, efficace contro l’insorgenza di svariate malattie. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato come l’aderenza a questo stile di vita possa prevenire le principali malattie croniche come patologie cardiovascolari, diabete, Parkinson, Alzheimer e obesità e, grazie al potere antiossidante dell’olio d’oliva unito al consumo di verdure, un mezzo importante nella prevenzione dei tumori.
Purtroppo un recente studio su un ampio campione di soggetti di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha evidenziato come solo il 43% degli italiani segua ancora le regole della cucina mediterranea, mentre il 23% delle persone preferisce seguire la dieta occidentale sullo stile americano, povera di frutta e verdura e con una componente di acidi grassi saturi, prevalentemente rappresentati dai grassi animali, e un consumo ridotto di carboidrati complessi e fibre.
Vista la documentata efficacia sull’aderenza alla Dieta Mediterranea anche nella prevenzione di molte patologie, questi risultati enfatizzano il bisogno di una maggiore educazione alimentare a partire dalle scuole.
Il pattern dietetico mediterraneo si configura come sinonimo di dieta moderata; in esso, cereali, legumi, ortaggi, frutta, grassi “buoni”, come quelli dell’olio di oliva, prodotti della pesca e vino, prevalentemente rosso, garantiscono un appropriato bilancio tra apporto e dispendio energetico. I rapporti tra i macronutrienti energetici rispondono a quelli riconosciuti come adeguati. L’energia da alcol etilico, fornito principalmente dal consumo di vino rosso durante i pasti, rientra nei valori accettabili. Le proteine sono ben ripartite tra proteine di origine animale e vegetale. I carboidrati sono rappresentati, come richiesto dal nostro organismo, prevalentemente da amido e sono forniti in gran parte da frumento (pane, pasta) e in quantità minore da altri cereali e da legumi secchi. La quota di saccarosio, per il moderato consumo di zucchero come tale e di dolci, è decisamente bassa. I cereali e i legumi secchi hanno un ruolo equilibratore nella dieta grazie al loro potere saziante, all’elevato contenuto di carboidrati complessi, alla ricchezza in fibra, all’apporto di proteine, vitamine e minerali. I prodotti della pesca e l’olio extra vergine di oliva sono i principali responsabili dell’apporto di acidi grassi essenziali e di acido oleico, assicurando, in parallelo ad un consumo modesto di latte e derivati e francamente scarso di carne, rapporti percentuali ottimali tra acidi grassi polinsaturi, saturi e monoinsaturi.
La Dieta Mediterranea è uno dei modelli alimentari più sostenibili sia per l’ambiente sia per la salute da riscoprire e rivalutare anche nel nostro Paese.