Se “Roma fa schifo” la colpa di chi è?

Risposta: Di tutti.

Di tutti i romani che, varcata la soglia di casa propria, considerano il resto della città terra di nessuno da insudiciare liberamente “tanto poi qualcuno ci penserà a pulire”; dei turisti che a Roma si permettono comportamenti che nei loro paesi d’origine sarebbero oggetto di biasimo da parte dei loro concittadini e severamente sanzionati dalle autorità; dei netturbini…pardon “operatori ecologici” che fumano agli angoli delle strade senza curarsi di svolgere il lavoro per cui sono pagati; dell’amministrazione cittadina che permette lo scempio di una città che dovrebbe rappresentare l’emblema della cultura e della civiltà.

Il problema è che tutti si lamentano, tutti si incolpano a vicenda ma nessuno si sente responsabile.

L’ideatore del blog “Roma fa schifo” pensa di aver dato il suo contributo creando una piattaforma su cui i romani possono dare sfogo alla loro frustrazione denunciando, pubblicando foto della incuria in cui versa la città, facendo paragoni con improbabili piccoli centri cittadini stranieri quando basterebbe prendere ad esempio le tante città virtuose italiane.

Ma nessuno sembra porsi la domanda principale: a che pro? Quale risultato sperano di ottenere? Dove sono le proposte? Quali soluzioni suggeriscono?

Insomma, se una persona afferma: “la mia casa fa schifo!” cosa fa poi per porvi rimedio? Scatta foto del sudiciume e le pubblica su facebook? Oppure si rimbocca le maniche e si mette a pulire?

Ah, ma ecco il punto, i romani considerano Roma casa propria? Oppure si aspettano che sia qualcuno altro a prendersi cura della “loro” città?

Ai loro occhi il colpevole è sempre il “Governo ladro” che dovrebbe sopperire ad ogni loro mancanza.

Ma è ovvio che se nessuno buttasse in terra cartacce, cicche di sigaretta, bottiglie vuote e lattine, la manutenzione da parte degli addetti sarebbe più facile. Se ogni cittadino diventasse anche il custode della propria città e rimproverasse chi contravviene alle regole di convivenza civile pian piano l’atteggiamento di tutti cambierebbe. Se ci si organizzasse in comitati di volontari per ripulire il proprio quartiere, il risultato sarebbe notevole.

Lo sapete che in Belgio, ad esempio, ogni proprietario di casa o di negozio ha l’obbligo di pulire la parte di marciapiede davanti alla propria abitazione e se non lo fa rischia una pesante multa? E’ ovvio che i cittadini lì vigilano affinché nessuno sporchi ciò che hanno pulito.

Basterebbe un po’ di buona volontà da parte di tutti per cambiare, ma è sicuramente più facile (e distensivo) lagnarsi, incolpare altri e sentirsi così giustificati della propria indolenza e noncuranza.

 

5 commenti

  1. Hai colto nel segno. Lo dico da sempre: siamo responsabili quanto i vagabondi che bivaccano con le loro cianfrusaglie. È che ormai ci siamo abituati talmente tanto al degrado che nemmeno lo riteniamo più tale. Roma, merda di città senza speranza…come i suoi abitanti.

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  2. Le amministrazioni degli ultimi anni (e soprattutto questa…voglio sapere che ha il coraggio di difendere l’attuale innominabile sindaco) hanno lasciato Roma alle propria ignobile fine. La nostra città ha perso ormai anche l’ultimo brandello di diginità, come una nobile matrona romana che si è consegnata, a cosce aperte, agli zingari, ambulanti, spacciatori e ai senza fissa dimora che ormai godono nel violentarla come se fosse una mignotta qualsiasi, violandone ogni suo buco e lasciandola esanime e un po’ schifata del proprio destino.

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  3. Praticamente tutta la città è nel degrado, ma da sempre. E un problema antropologico, gli abitanti di questa città sono sempre stati dei cialtroni indisciplinati, e hanno le amministrazioni che si meritano!

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  4. Questo passaggio degli scritti di Tocqueville dovrebbe costituire la base su cui rifondare una moralità civile:
    “Vi sono in Europa certe nazioni in cui l’abitante si considera come una specie di colono indifferente al destino del luogo in cui abita. I più grandi cambiamenti sopravvengono nel suo Paese senza il suo concorso; egli non sa precisamente quel che è successo e ne dubita, perché ha inteso parlare dell’avvenimento per caso. Non solo, ma il patrimonio del suo villaggio, la pulizia della sua strada, la sorte della sua chiesa e della sua parrocchia non lo toccano affatto; egli pensa che tutte queste cose non lo riguardano in alcun modo, perché appartengono ad un estraneo potente, che egli chiama il governo. Quanto a lui, non è che l’usufruttuario di questi beni, senza spirito di proprietà e senza idee di miglioramento. Questo disinteresse si spinge tanto in là che se la sua sicurezza o quella dei suoi figli è compromessa, egli incrocia le braccia per attendere che l’intera nazione venga in suo aiuto. Quest’uomo del resto, benché abbia sacrificato completamente il suo libero arbitrio, non ama l’obbedienza più degli altri; si sottomette, è vero, al beneplacito di un impiegato, ma si compiace anche di sfidare la legge come un nemico vinto, quando la forza si ritira. Così oscilla senza tregua fra la virtù e la licenza».

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