L’Italia paese più competitivo del mondo; stupiti?

L’Italia paese più competitivo del mondo; stupiti?.

L’italiano medio è convinto che l’Italia sia economicamente e strutturalmente arretrata rispetto ad altri stati occidentali perché è stato indotto, dai media, dalla scuola e persino dai propri genitori, a ritenerla tale. Quando si reca all’estero, specie in paesi che ritiene più progrediti, nota solo gli aspetti migliori perché sono spesso facilmente individuabili e visibili in quanto gli altri cittadini si sentono tutti coinvolti nel proiettare una immagine positiva della propria patria. D’altronde sono ben consapevoli che il rispetto e la credibilità di cui gode una nazione si riflette su ciascuno dei suoi cittadini e che denigrarla agli occhi del mondo è una manifestazione di autolesionismo quasi patologico. Cosicché curano maggiormente l’aspetto esteriore, le strade sono pulite, i trasporti pubblici sono puntuali ed efficienti, i media tendono a minimizzare le manchevolezze, le agenzie creano strumenti di valutazione che premiano i loro sistemi rispetto ad altri, magari più efficaci ma che in queste classifiche risultano peggiori. Solo chi si addentra nella vita quotidiana si accorge delle disfunzioni e delle gravi carenze in settori spesso fondamentali, come l’istruzione e la sanità; tuttavia i cittadini delle altre nazioni non si lamentano, convinti che la situazione all’estero sia  peggiore, essendo stati educati a ritenere il loro paese uno dei migliori – se non il migliore – al mondo.

In Italia, al contrario, articoli, programmi e talk show gareggiano nel denunciare sprechi e inefficienze. Giusto! Segnalarli è un sacrosanto dovere. Tuttavia occorre anche dare dei messaggi positivi in grado di creare fiducia, le critiche dovrebbero essere costruttive, non distruttive e dettate unicamente da faziosità politica o da interessi economici.

So di andare controcorrente affermando che l’Italia non è affatto sull’orlo del baratro, come hanno voluto farci credere. L’Italia è, al contrario, un paese ancora fortemente competitivo e solido, e le cifre lo dimostrano.

Avete dei dubbi? Allora vediamolo attraverso dati e numeri:

-Il marchio “made in Italy” e’ uno dei più iconici al mondo. Dalla pasta a Prada, dalla Ferrari a Fellini, dal Brunello alla Benetton, il paese porta in se una vastità di eccellenze in molti settori;

– L’Italia vanta quasi 1000 prodotti in cui siamo nei primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero; i più importanti settori produttivi italiani includono l’industria alimentare, automobilistica, tessile e il design;

– L’innovazione italiana è largamente sottovalutata, lo dimostrano i nostri primati mondiali in settori caratterizzati proprio da un alto tasso di innovazione, come (solo per citarne alcuni) la robotica di servizio, le biotecnologie, i nuovi materiali, le neuroscienze, la fisica delle particelle;

-L’Italia è tra i primi tre paesi al mondo nel campo della robotica e della chirurgia non-invasiva. I macchinari di precisione, i prodotti chimici, la nanotecnologia e i prodotti elettronici sono tra gli export principali;

-Tra i prodotti per i quali guadagniamo una medaglia per il saldo commerciale troviamo le tecnologie del caldo e del freddo, le macchine per lavorare il legno e le pietre ornamentali, e gli strumenti per la navigazione aerea e spaziale;

-Le ditte di costruzione italiane sono considerate tra le migliori al mondo, specie per quanto riguarda le dighe, e sono tra le principali aziende nel comparto delle infrastrutture presenti sul mercato europeo;

-Riserva aurea italiana: Il nostro paese detiene la quarta riserva aurea del mondo, dopo USA, Germania e Fmi. Qualcosa come 2.450 tonnellate di lingotti, pari a 110 miliardi di euro.

-Ricchezza privata: Nel rapporto pubblicato dal Credit Suisse sulla ricchezza delle famiglie nei vari Stati del mondo, risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila miliardi di ricchezza, superano nella graduatoria pro-capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Il 96% degli italiani è proprietario di almeno un immobile, e sul 80% di questi non gravano mutui.

La ricchezza privata, quella delle famiglie, è un elemento fondamentale per valutare l’affidabilità di un paese. Ma le agenzie di rating che hanno declassato il nostro paese non ne hanno (volutamente) tenuto conto.

Altra questione molto controversa è quella del debito pubblico, che ci viene costantemente prospettato come il male peggiore dell’Italia ed è chiamato in causa per giustificare qualsiasi taglio alla spese pubblica o aumento di tasse. Eppure uno studio recente ha dimostrato che è addirittura più “sostenibile “ di quello francese, britannico o tedesco, che peraltro in termini assoluti è più alto del nostro.  L’Italia è uno dei rari Paesi con un surplus primario del bilancio dello Stato e non si capisce perché il rating dei titoli di Stato italiani rimanga vicino al livello di junk con outlook negativo.

Se vogliamo dare un futuro a questa nazione dobbiamo ripartire dalla consapevolezza di ciò che  valiamo davvero, dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza non affliggerci e compiangerci per le nostre debolezze.

La soluzione non è fuggire all’estero perché la nostra “italianità” ci seguirebbe ovunque, rendendo più difficile il nostro inserimento in altre realtà che nutrono, purtroppo, pregiudizi nei nostri confronti. Per riappropriarci della dignità e dell’orgoglio di essere cittadini di questo Paese dobbiamo sentirci gli eredi di chi questo paese lo ha costruito e reso grande.

Dobbiamo riconciliarci con il nostro passato, mettere da parte i rancori, smetterla con le accuse reciproche e i sensi di rivalsa, dobbiamo riconoscere ma non recriminare sugli errori commessi, rivalutare anche gli aspetti positivi dei periodi bui della nostra storia, con coraggio, obiettività e serenità di giudizio.  E’ inutile e dannoso disquisire su chi ha rubato di più, quale fazione rivale è stata più crudele, quale regione ha soverchiato o sfruttato l’altra.

Dobbiamo smettere di pensare che devono essere solo le istituzioni a “fare” il paese, serve un processo che si muova in entrambe le direzioni e che veda i cittadini impegnati attivamente per migliorare la nazione. Occorre valutare con coscienza critica i problemi rimasti irrisolti e programmare le nuove sfide da affrontare con senso dell’unità nazionale.

L’esempio al quale dobbiamo ispirarci è quello delle generazioni che sono state capaci di migliorare il loro presente immaginando il nostro futuro.

 

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