CORONAVIRUS: sanità a confronto

 

Quello che sta accadendo nel mondo a causa del coronavirus dovrebbe renderci più consapevoli di quanto il nostro Paese sia capace di affrontare con serietà e consapevolezza le emergenze.

Infatti, quella che poteva inizialmente sembrare una pecca – essere la nazione con il maggior numero di contagiati in Europa – in realtà ha dimostrato semplicemente che abbiamo una sanità più efficiente e più attenta al benessere della popolazione.

Sono stati eseguiti il maggior numero di test in Europa e ovviamente sono venuti alla luce il maggior numero di contagiati.

Mi chiedo quindi se i giornalisti delle varie testate italiane che raccontano con malcelata soddisfazione che siamo gli “untori d’Europa” e che la maggior parte dei casi riscontrati negli altri paesi hanno avuto contatti con l’Italia si rendono conto che all’estero effettuano tamponi solo su chi proviene da aree a rischio come la Cina, la Corea del Sud e ora il nostro paese. E’ quindi ovvio che la maggior parte dei contagi europei provengano dal ceppo italiano e non da quello asiatico. Ora che l’OMS ha deciso che i test dovranno essere eseguiti su chiunque presenti sintomi di influenza e polmonite i casi non riconducibili all’Italia aumenteranno.

Ora che anche in Germania aumentano i casi di coronavirus, gli esperti sono scettici sul fatto che l’assistenza sanitaria nazionale già in difficoltà, basata su un sistema duale di assicurazione obbligatoria e privata, sia in grado di gestire centinaia o addirittura migliaia di malati. Uno dei motivi principali di preoccupazione è proprio la mancanza di test per il Covid-19.

È vero che alcuni ospedali universitari, istituti di ricerca come il Bernhard Nocht Institute e anche gruppi di cliniche private come Asklepios sono in grado di eseguire tali test. Tuttavia, le compagnie di assicurazione sanitaria pubblica hanno dichiarato che non pagheranno il conto per ogni paziente che si sente male. Lo faranno solo nel caso di pazienti che, secondo la definizione del Robert Koch Institute, appartengono al gruppo a rischio, cioè sono stati di recente in Cina o mostrano sintomi di una malattia polmonare.

 

Negli Stati Uniti sono stati effettuati pochissimi test, perché i kit per individuare la presenza di Covid-19 si sono rivelati difettosi. Solo cinque Stati americani hanno a disposizione qualche centinaia di tamponi per identificare il coronavirus: California, Illinois, Nebraska, Nevada e Tennessee. Così finora in tutti gli USA sono stati effettuati solo 445 tamponi contro gli oltre 28mila test fatti in Corea del Sud, i più di 200mila della Cina e i 10mila fatti in Italia. Tutto questo mentre nella sola California, dove sono stati registrati i primi casi di contagio da coronavirus, 8mila persone si trovano in isolamento volontario domiciliare per sospetto Covid-19.

Per giunta, dato che negli USA l’assistenza sanitaria è considerata soprattutto come un business, una delle prime persone che a Miami ha osato chiedere di essere testato per il COVID-19 si è visto presentare una fattura di migliaia di dollari. Questo dovrebbe dissuadere altri americani dal chiedere di essere sottoposti al test ed è esattamente la conseguenza auspicata dalle compagnie assicurative.

Gli americani che non possono permettersi l’assistenza sanitaria dovranno provare a “resistere” e a combattere i sintomi con medicine da banco. Inoltre, non avendo diritto ad un congedo per malattia retribuito, nessun permesso genitoriale retribuito e nessuna garanzia che perdere un giorno di lavoro non significhi essere sbattuti per strada, potranno difficilmente permettersi di mettersi in quarantena o di essere ricoverati per lunghi periodi.

I medici in Gran Bretagna hanno ammesso che ai pazienti più vulnerabili potrebbero essere negate terapie salvavita a causa dei tagli al servizio sanitario pubblico (NHS).

I medici degli ospedali di tutta l’Inghilterra hanno affermato che la capacità di assistenza attuale del servizio sanitario è già troppo critica e crollerebbe sotto un’ondata di pandemia in cui numerosi pazienti potrebbero aver bisogno di ventilazione assistita per aiutarli a respirare.

Quelli a cui verrà negato un letto in terapia intensiva potrebbero essere quelli che soffrono di coronavirus o altri pazienti gravemente malati, con priorità data a coloro che hanno maggiori probabilità di sopravvivere e guarire.

Riflettiamoci. Quando ci lamentiamo del nostro Paese, della sua sanità, quando pensiamo che tutto ci sia dovuto, rendiamoci conto che in molti altri paesi non esiste la sanità pubblica e questi sono gli standard. Questa è la normale routine. Così come è routine lasciare in mezzo ad una strada chi non può permettersi cure.

Riflettiamoci. Proprio ora che tutta la sanità nazionale è in moto e sta dando il massimo. Che migliaia di test vengono effettuati gratuitamente ovunque. Così come gratuitamente viene curato, ogni giorno, chi sta male. Soprattutto quelli che non potrebbero permettersi cure private.

Riflettiamoci. E manteniamoci compatti nel riconoscere le nostre eccellenze e nel difendere una delle più grandi ricchezze del nostro paese: la sanità pubblica. La sanità di tutti. (Leonardo Cecchi su Facebook)

 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...