LA GRAVE PIAGA ITALIANA DELL’ANALFABETISMO FUNZIONALE

 

L’analfabetismo funzionale in Italia è visto ormai come il vero impedimento alla crescita e allo sviluppo e ha quasi raggiunto il neoliberismo e la politica nella lista dei responsabili della rovina del paese. Il clima di psicosi creato dai media intorno alla sua diffusione ha contagiato tutti (e non solo in Italia, dato che la maggior parte dei paesi occidentali sembrano affetti da questo terribile morbo). Per questo motivo è forse opportuno fare qualche riflessione e chiedersi se chi disserta ( e purtroppo scrive anche) sulla nuova grave piaga italiana dell’analfabetismo funzionale si sia mai chiesto su quali dati si basano le statistiche che servono a stilare la graduatoria delle nazioni più e meno “virtuose”.

Secondo greenreport.it, gli analfabeti funzionali italiani sono ben il 70%, mentre secondo lifegate.it sono meno del 30%. Sebbene si tratti in entrambi i casi di cifre molto alte, la differenza è abbastanza grande da far supporre un’interpretazione strampalata dei dati, tale da rendere necessaria una verifica.

Ma chi sono quindi gli analfabeti funzionali, questi nuovi barbari che minacciano la nostra civiltà, la nostra cultura e i nostri valori come e peggio dell’Isis? E, soprattutto, a cosa dovrebbe essere “funzionale” l’alfabetizzazione?

Facendo una ricerca in internet si trovano decine e decine di articoli scritti su questa “tragica deriva” che sta trascinando il nostro paese verso il baratro ma non c’è nessuno, dico nessuno, che abbia compreso o perlomeno tentato di comprendere cosa significhi realmente questo termine. Tutti ne danno una interpretazione basata unicamente sulla parola “analfabeta” e sono quindi convinti che l’epiteto si riferisca a persone sotto-acculturate o addirittura stupide. Se avessero approfondito la questione si sarebbero resi conto che Einstein oggi sarebbe probabilmente definito un “analfabeta funzionale”, così come altre menti geniali spesso in difficoltà quando si tratta poi di assolvere alle piccole incombenze della vita quotidiana.

Un articolo dell’Espresso li descrive così: “Hanno più di 55 anni, sono poco istruiti e svolgono professioni non qualificate. Oppure sono giovanissimi che stanno a casa dei genitori senza lavorare né studiare. O, ancora, provengono da famiglie dove sono presenti meno di 25 libri.” Altri articoli parlano di una percentuale del 70% di italiani che, pur sapendo leggere, faticherebbero a “comprendere” un testo. Si tratta di vere e proprie bufale.

Uno dei parametri utilizzati  per definire gli analfabeti funzionali è infatti proprio quello di condividere in maniera acritica informazioni, post e articoli sui social network, favorendo la proliferazione incontrollata di fake news. Ed è appunto il caso di tutti quelli che hanno condiviso l’articolo dell’Espresso senza porsi alcune semplici domande. Perché è ovvio che nessuna definizione sensata di alfabetismo funzionale, inteso come  “capacità di orientarsi in una società contemporanea”, può escludere il 70% della popolazione. Quindi quel numero, scelto per attirare l’attenzione, si riferisce evidentemente a una soglia di funzionalità particolare che esclude anche molte persone colte e “alfabetizzate”. A dispetto degli allarmi intorno alla scuola, è utile osservare come la quota dei presunti analfabeti funzionali sia occupata in maggioranza dalle fasce di età più avanzata della popolazione. Siamo proprio sicuri che questo presunto declino delle competenze alfabetiche non corrisponda piuttosto a una trasformazione nell’uso di competenze, che non esistano abilità altrettanto importanti che però non vengono catturate dai questionari? Chi ha stabilito quali debbano essere le competenze essenziali per districarci nella società attuale?

Purtroppo è vero che nel nostro paese le notizie sono spesso scritte e commentate da “analfabeti funzionali” che non approfondiscono nemmeno l’esatto significato del termine, focalizzandosi solo sul termine “analfabeta” e credono quindi che l’espressione sia sinonimo di “bassa scolarizzazione” e carenza di cultura generale. Niente è più lontano dalla verità. Le graduatorie su cui si basano queste statistiche sono molteplici e complesse, ma hanno poco o nulla a che vedere con la cultura generale dei volontari che si sono sottoposti ai test di valutazione. Se ha senso misurare le competenze di una popolazione nell’uso della parola scritta, occorre chiedersi quanto sia opportuno qualificare col termine “analfabetismo” – per quanto accompagnato dall’aggettivo “funzionale”-  il mancato raggiungimento di una soglia arbitrariamente scelta.

L’insistenza sull’alfabetismo funzionale corrisponde alla visione dell’alfabetismo come “adattamento”, valorizzato quindi per la sua funzione strumentale, come attrezzo per la sopravvivenza individuale e per la crescita economica della società nel suo complesso. Ma il tentativo di individuare un insieme minimale di competenze necessarie a tutti gli individui in tutte le società è per forza di cose sottoposto a criteri soggettivi e influenzato da valori non sempre applicabili a tutti indistintamente. Questo anche per la complessità stessa delle società moderne, che sono articolate in vari gruppi e culture. Se la “funzionalità” presa in esame è relativa solo a una cultura o gruppo di riferimento, in cui l’uso di certe abilità è “normalmente presunto”, i  risultati per tutti gli altri gruppi saranno per forza di cosa insufficienti. E’ necessaria un’analisi più critica e approfondita per comprendere e commentare i dati, che i nostri giornalisti, opinionisti e presunti esperti si guardano bene dall’effettuare, poiché l’impatto di una notizia “catastrofica” desta sempre maggiore interesse nel pubblico.

Tullio De Mauro, in un articolo del 2006, metteva in guardia contro l’uso estensivo del termine “analfabeta” usato come insulto, cioè per denigrare coloro che non riteniamo alla nostra altezza culturale e avvertiva anche come tutti, in alcune occasioni, potremmo sfiorare quella condizione: «in un tribunale quando ci impappiniamo dinanzi alla contro-interrogazione di un abile avvocato, agli esami e, soprattutto, quando siamo esposti alla necessità di un salto di norma linguistica e non sappiamo farlo, dobbiamo parlare a un bimbetto e ci accorgiamo che non sappiamo farlo o, peggio ancora, dobbiamo servirci di una lingua diversa dalla nostra, che per certi aspetti conosciamo, per esempio ne sappiamo leggere testi tecnici della nostra materia, ma non sappiamo usarla per leggere o scrivere della quotidianità».

No, non siamo un popolo di analfabeti, è da decenni che l’Italia ha superato quel gap, grazie alla scolarizzazione di massa, che ormai raggiunge tutti i ceti della popolazione. Questo importante progresso, che potremmo considerare un fine in sé non sembra aver dato tutti i risultati sperati. Esistono ancora la disoccupazione, l’inquinamento, le guerre, gli scioperi, e soprattutto la gente continua a votare le persone sbagliate, cosa che indispettisce chi ritiene “analfabeti funzionali” tutti quelli che non condividono la loro visione del mondo e non interpretano la realtà come vorrebbero loro.

L’analfabetismo e l’analfabetismo funzionale non sono la stessa cosa.

Nella indagine condotta dall’OCSE l’analfabetismo funzionale viene definito così: “l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana.” L’Italia evidenzia, in sostanza, una carenza diffusa di quelle competenze che dall’OCSE vengono considerate necessarie per interagire in modo efficace nella società del XXI secolo.

Iniziamo con il precisare che l’indagine prevedeva 5 livelli di competenza: below level 1 (0-175) ; livello 1 (176-225) ; livello 2 (226- 275) ; livello 3 (276-325); livello 4 (326-375); livello 5 (376-500). Il livello below 1 indica una modestissima competenza, al limite dell’analfabetismo, mentre i livelli 4 e 5 indicano la piena padronanza del dominio di competenza. Il 70% della popolazione italiana si colloca al di sotto del Livello 3. Nel dettaglio, gli adulti italiani tra i 16 e 65 anni si collocano in maggioranza al Livello 2 sia nella literacy (42,3%) che nella numeracy (39,0%), il Livello 3 o superiore è raggiunto dal 29,8% della popolazione in literacy e dal 28,9% in numeracy, mentre i più bassi livelli di performance (Livello 1 o inferiore) vengono raggiunti dal 27,9% della popolazione in literacy e dal 31,9% in numeracy.

Quindi generalizzare dicendo che il 70% degli italiani è analfabeta funzionale è falso. Inoltre, gli intervistati sono volontari suddivisi per diverse fasce di età e non rappresentano certo l’intera popolazione. E’ anche interessante rilevare che sotto la media calcolata dall’OCSE, ci sono paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Australia, tutti prima di noi in classifica, ma comunque anche loro in posizioni preoccupanti.

Le premesse dello studio condotto dall’OCSE erano le seguenti: “L’utilizzo sempre più esteso delle nuove tecnologie nei vari settori e la globalizzazione aggiungono una forte pressione nel trovare politiche adeguate a garantire che le persone abbiano le competenze necessarie per vivere e lavorare nelle società del XXI secolo. L’indagine valuta, attraverso test, la competenza di adulti in due domini di competenza relativi ai processi di elaborazione delle informazioni (definite information processing skill) essenziali per la piena partecipazione alle economie basate sulla conoscenza e alle società del 21° secolo.

Speriamo  con questa breve spiegazione di invogliarvi alla ricerca dei fatti e alla verifica delle fonti prima di commentare per evitare di ingrossare le fila degli “analfabeti funzionali”.

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Vabbè, consoliamoci, siamo in buona compagnia_

https://fullfact.org/news/are-one-five-british-adults-illiterate/

British functional illiterates

E pure l’Australia …https://www.theguardian.com/commentisfree/2013/sep/27/illiteracy-rates-australias-national-shame?CMP=share_btn_fb

Australia illiteracy rates

Ma no, pure il Canada?! ”

  • Canada gets a “C” and ranks 8th out of 13 countries on the percentage of adults scoring low on adult literacy rate tests.
  • Four out of ten Canadian adults have literacy skills too low to be fully competent in most jobs in our modern economy.
  • Canadian adults with low literacy skills have fewer opportunities than young Canadians to upgrade their skills because they are outside the mainstream education system.

adult literacy in Canada

 

 

 

 

Un commento

  1. Sono perfettamente conscio che non siamo un popolo di analfabeti e che la scolarizzazione di massa ha raggiunto ormai tutti i ceti della popolazione, ma come tu stessa dici, l’analfabetismo e l’analfabetismo funzionale non sono la stessa cosa.
    Tullio De Mauro, oltre alle cose che hai scritto, in quell’articolo purtroppo affermava anche che “è in atto un processo di atrofizzazione del sapere, costante e lievitante” e cioè che il peggio deve ancora venire.
    Mi spiace doverlo dire, ma la mia esperienza personale, mi trova in perfetta sintonia con le parole dell’illustre linguista.
    Ti invito a leggere il mio articolo sullo stesso argomento.

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