Per giustificare il piano di riarmo e la prosecuzione della guerra, Emmanuel Macron, con la retorica di un venditore di polizze assicurative, ha lanciato il suo allarme: Putin è pronto a marciare su Lisbona!
Ovviamente, per farlo, dovrà fare una deviazione attraverso Grecia, Italia e Spagna, magari approfittando di una pausa caffè sulle Ramblas prima di puntare deciso verso il Portogallo. Il tutto con la rapidità e l’efficienza di una campagna napoleonica – anzi, putiniana.
Ora, la domanda sorge spontanea: c’è davvero chi abbocca a questa narrazione da thriller geopolitico di serie B? La risposta è sì. E non pochi. Parliamo di quelli che ignorano, fingono di ignorare o hanno fatto un patto con la loro smemoratezza per non ricordare che prima di invadere l’Ucraina, Putin aveva ripetutamente avvertito che avrebbe agito se Kiev non avesse smesso di bombardare il Donbass, se gli accordi di Minsk fossero stati ignorati e se la NATO avesse continuato a fare la corte ai suoi confini come un venditore porta a porta.
Eppure, eccoli lì: indignati, terrorizzati, pronti a digerire ogni narrazione bellica servita su un piatto di propaganda. Già si leggono post carichi di ansia e previsioni catastrofiche. “Putin arriverà! Putin ci invaderà! Putin è già dietro la porta!”
Occhio, perché ora che Bergoglio è ricoverato e le guardie svizzere più rilassate, la Russia potrebbe cogliere l’occasione per conquistare lo stato del Vaticano. Da lì, poi, l’invasione dell’Europa sarebbe tutta in discesa: basterebbe una sosta a Trastevere per una carbonara strategica, sfilare davanti al Colosseo per le foto di rito, e proseguire spediti verso l’Eliseo, dove Macron lo aspetterebbe urlando “Vi avevo avvertiti!”.
Dunque, siamo seri: la paura e la retorica della guerra imminente servono a qualcosa? Sì, a giustificare l’invio di più armi, l’aumento delle spese militari e la perpetuazione di un conflitto che, come tutti i conflitti, fa comodo a molti. “Finché c’è guerra c’è speranza!” recitava il titolo del famoso film del compianto Alberto Sordi.
Ma se dobbiamo temere un’invasione, forse sarebbe il caso di preoccuparci di quelle più sottili e insidiose: la manipolazione dell’informazione, la censura delle opinioni dissenzienti e la narrazione di una realtà confezionata su misura per chi ha tutto da guadagnarci.
Quella sì, che è una guerra già in atto. E a perdere siamo tutti.