Sia chiaro, io sono orgogliosa di appartenere ad un paese che non massacra di botte chi sbarca sulle sue coste in cerca di un rifugio sicuro, sono orgogliosa di appartenere ad un paese che non lascia affondare barconi pieni di donne e di bambini senza muovere un dito, sono orgogliosa di appartenere all’unico paese che ha messo in atto l’operazione “mare nostrum” per offrire assistenza a dei fratelli più sfortunati di noi che fuggono da guerre e miserie.
Vorrei che il mio paese fosse tanto ricco da poterli accogliere tutti e dar loro un lavoro e una sistemazione decorosa.
Anzi, vorrei aiutarli affinché possano star bene nei loro paesi, senza dover vagare per il mondo alla ricerca di una vita dignitosa, che spetterebbe a qualsiasi essere umano.
Ho lavorato in Sudan e in Eritrea e quella gente me la porto nel cuore; ovunque ho trovato persone ospitali, cordiali, generose, pronte a condividere quel poco che hanno.
Sì, sono patriottica, non xenofoba.
Per me essere patriottici significa amare il proprio paese e far sì che anche gli “ospiti” se ne innamorino, significa renderlo bello e accogliente per chiunque varchi le sue frontiere.
Io curo la mia casa affinché sia confortevole e faccia sentire a proprio agio chi ci entra, non certo per sprangare la porta e tenere fuori gli estranei.
Certo, tra tanti profughi possono esserci anche criminali e delinquenti, e per quelli pretendo zero tolleranza, esattamente come per i criminali nostrani, non c’è alcuna differenza, i criminali sono criminali. Trovo assurdo invocare l’amnistia perché le prigioni sono sovraffollate, ci sono tanti vecchi edifici che si possono riadattare.
Gli unici che terrei fuori dai confini nazionali sono gli zingari, verso di loro sono razzista, lo ammetto. Mi fanno ridere quei giornalisti che denunciano i pregiudizi verso di loro sostenendo che è solo per ignoranza, perché non comprendiamo la loro “cultura”.
Non paragoniamo gli zingari ai tanti immigrati disperati che vengono in Italia per lavorare e finiscono, loro malgrado, a mendicare. Questi ultimi difficilmente diventano ladri, non sfruttano i loro figli e i neonati, tenendoli ore sotto al sole dopo averli drogati per non farli piangere, non lanciano anatemi e bestemmie a chi non compra niente dalle loro bancarelle improvvisate, di solito ringraziano e sono educati, e se gli rivolgi un sorriso o una parola gentile lo apprezzano più dell’elemosina. Quante volte sono stati proprio questi immigrati a salvare e aiutare nostri connazionali in difficoltà. Sono persone che hanno conosciuto la disperazione e la sofferenza, che hanno dovuto affrontare difficoltà e stenti che nemmeno immaginiamo, e dalle quali possiamo imparare ad apprezzare di più ciò che abbiamo, non per nostro merito ma solo perché siamo nati nella parte più fortunata del pianeta.
http://www.repubblica.it/esteri/2014/06/23/news/nogales-89815415/?ref=HREC1-29