Piano Mattei: la via italiana della cooperazione “non predatoria” con l’Africa

L’Italia ha una storia di relazioni con l’Africa spesso percepite come più umane e meno “predatorie” rispetto a quelle di altri Paesi europei.

Il Piano Mattei riprende questo spirito di collaborazione e fiducia reciproca. Diverse testate straniere lo hanno definito “Italy’s power plan”, una formula che richiama insieme l’idea di energia e di forza politica.

Il Piano Mattei è infatti una delle iniziative più significative della politica estera italiana degli ultimi anni. È pensato per creare un nuovo modello di cooperazione “non predatorio” con le nazioni africane, considerate partner con cui costruire un futuro comune, non risorse da sfruttare e depredare. Non a caso, alla conferenza di presentazione erano presenti ventuno Capi di Stato e di governo africani, un segnale di attenzione e di credibilità nei confronti del nostro Paese.

Il nome non è casuale. Enrico Mattei, fondatore dell’Eni, è noto per aver negoziato, nel secondo dopoguerra, accordi energetici considerati più equi da diversi Paesi africani, basati sul rispetto e sulla condivisione dei risultati. Il progetto contemporaneo, promosso dal governo italiano, mira a fare dell’Italia un ponte strategico tra Africa ed Europa, rafforzando il ruolo del nostro Paese come possibile hub energetico nel Mediterraneo.

Questo obiettivo può tradursi in conseguenze molto concrete anche per i cittadini italiani: una maggiore sicurezza energetica non solo per le aziende. Poter contare su forniture più affidabili, con minori rischi di crisi improvvise significa, nel medio periodo, una maggiore stabilità dei costi. Al tempo stesso, i partenariati con i Paesi africani favoriranno investimenti in nuove filiere produttive, di conseguenza potranno aprirsi opportunità anche per imprese italiane, professionisti e lavoratori coinvolti nei progetti di cooperazione e sviluppo.

Al tempo stesso, il Piano Mattei pone l’accento su temi molto concreti per la vita quotidiana delle persone nei Paesi partner: la formazione dei giovani, il lavoro, la sanità, l’agricoltura e l’innovazione. L’idea è che lo sviluppo non passi solo da grandi investimenti calati “dall’alto”, ma anche dal rafforzamento delle comunità locali e delle loro competenze. È anche per questo che, in varie analisi internazionali, il Piano viene descritto come più vicino ai bisogni reali dei territori rispetto ai tradizionali programmi multilaterali. Il modello produttivo italiano, basato sulle piccole e medie imprese e sui distretti locali, potrebbe diventare un riferimento anche per alcune realtà africane, valorizzando capacità già presenti nei territori e aiutandole a crescere in modo più strutturato e sostenibile. Essendo un’iniziativa nazionale, infatti, il Piano Mattei consente all’Italia di dialogare direttamente con i singoli Paesi africani e di adattare i progetti alle loro specifiche esigenze, senza passare attraverso processi decisionali troppo complessi.

Da questa prospettiva diventa naturale il confronto con il Global Gateway, la strategia promossa dall’Unione europea che opera su una scala molto più ampia e punta soprattutto a finanziare infrastrutture, reti energetiche e collegamenti internazionali. Tuttavia, questi due strumenti non devono essere considerati alternativi, ma complementari: il Global Gateway offre la forza finanziaria e la dimensione europea, mentre il Piano Mattei contribuisce con la vicinanza diplomatica, il dialogo e un approccio percepito come più pragmatico e partecipativo da parte dei Paesi africani partner. L’Italia non si muove in contrapposizione con l’Europa, ma all’interno di essa, portando il proprio stile diplomatico e la propria esperienza storica.

Il Piano Mattei rappresenta, al di là delle opinioni politiche, un segnale importante: l’Italia non rinuncia al proprio ruolo, non resta ai margini, ma sceglie di proporsi come ponte, interlocutore e costruttore di un futuro comune.  Un Paese ancora capace di visione e dignità internazionale.

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