Charlie Kirk: tra verità e menzogne

In Italia diverse persone – compresi giornalisti di importanti testate – hanno espresso giudizi su Charlie Kirk senza avere la minima idea di chi fosse davvero. Si sono limitati a ripetere slogan e accuse reperite online, senza alcuna verifica: frasi distorte, estrapolate dal contesto o addirittura inventate di sana pianta.

Durante la trasmissione Quattro di sera News, Antonio Caprarica ha sostenuto che Charlie Kirk avrebbe dichiarato di non voler mai che sua moglie partorisse accanto a una donna di colore. Nessuno in studio è intervenuto per smentire questa affermazione. Lo scrittore Gianrico Carofiglio, in diretta a Piazzapulita su La7, ha rilanciato un’accusa altrettanto falsa, attribuendogli addirittura la difesa della lapidazione degli omosessuali. La stessa calunnia che, tempo prima, aveva costretto Stephen King a scusarsi pubblicamente ammettendo «ecco cosa accade quando si condivide qualcosa senza verificare». Anche a Cartabianca, nella puntata del 23 settembre, un commentatore ha dichiarato che Kirk avesse detto “cose orripilanti”, senza che nessuno chiedesse di chiarire quali fossero queste “cose”.

La sinistra ha isolato e travisato alcune frasi per dipingerlo come un mostro; la destra, a sua volta, ha semplificato le sue idee per appropriarsi della sua eredità politica.

In realtà, Charlie Kirk era un personaggio unico, difficile da incasellare. Si definiva innanzitutto cristiano, poi americano e infine conservatore, in quest’ordine.

Ha cercato di portare il free speech dentro le università, perché credeva fermamente nel Primo Emendamento e nel valore assoluto della libertà di parola. A chi ha ascoltato direttamente i suoi interventi, non appare come un estremista, ma come un uomo che ragionava, che usava logica e buon senso per difendere le proprie posizioni. Incoraggiava alla tolleranza e al rispetto reciproco, convinto che il dialogo fosse l’unico antidoto alla violenza: guardare l’altro come un essere umano, non come un nemico da abbattere..

Ma non si possono davvero capire le argomentazioni di Charlie Kirk senza avere una conoscenza approfondita della realtà americana.

Il suo movimento era nato nel 2012, ben prima che Trump entrasse in politica, dall’osservazione che nelle università venivano inculcate ai giovani idee preconfezionate che poi non sapevano nemmeno spiegare. Il suo motto era semplice e potente: «L’università dovrebbe insegnare a pensare, non cosa pensare.» Era una reazione alla tendenza, sempre più evidente, degli atenei americani a plasmare la visione dei ragazzi secondo un unico schema ideologico.

Lo hanno accusato di spargere odio. In Italia questa accusa viene percepita come qualcuno che insulta, bullizza o lancia accuse diffamatorie nei confronti di  quelli che considera suoi avversari o persone che hanno idee diverse.  Negli Stati Uniti, invece, basta dire che esistono solo due sessi – maschio e femmina – perché questo venga bollato come hate speech (linguaggio d’odio). Oppure sostenere che agli adolescenti non dovrebbe essere permesso di sottoporsi a interventi chirurgici per cambiare sesso o a terapie ormonali prima della maggiore età viene interpretato come “un attacco ai diritti dei trans” quindi si viene etichettati come “transfobici”. Com’è accaduto alla Rowling per aver detto che “solo le donne hanno le mestruazioni”.

Eppure, Kirk non aveva mai mancato di rispetto a studenti trans che chiedevano di parlare con lui. Al contrario, li ascoltava e dialogava con loro. A un giovane nato maschio ma in conflitto con la propria identità, dopo averlo ascoltato con attenzione, disse: «Spero che un giorno tu possa trovare il modo di accettare il tuo corpo senza doverlo cambiare.»

Lo hanno accusato di razzismo attribuendogli frasi mai pronunciate, quando in realtà sosteneva che le razze fossero soltanto una costruzione sociale e che non esistesse alcuna differenza tra bianchi e neri. Il suo sogno era una società colorfree, in cui contassero solo il carattere, la bontà e le capacità di ciascuno. In altre parole, l’esatto opposto del razzismo

“Come uomo nero, mi addolora profondamente vedere persone che chiamano Charlie Kirk razzista. L’ho conosciuto personalmente e posso dire che con me è sempre stato gentile. Charlie non mi ha mai guardato come un “colore”, mi ha visto come un amico, come un fratello.

Si è speso in prima persona per aiutarmi, per aprirmi porte, per assicurarsi che io avessi opportunità che nemmeno avevo chiesto. Questo era lui: generoso, premuroso, leale.

Sentire persone infangare il suo nome con menzogne è doloroso, perché io conoscevo il vero Charlie. Non cercava la divisione, ma di elevare gli altri, a prescindere da dove venissero o da come apparissero.

E onestamente, tutto questo sembra ancora irreale. Piango ancora, è difficile accettare che non ci sia più. Un uomo che ha dato così tanto, che ha ispirato così tanti, ci è stato portato via troppo presto.

Charlie Kirk era più di un leader: era un amico, un fratello e un vero patriota americano.


A smentire la narrazione di Kirk razzista, c’è un’iniziativa concreta e difficilmente equivocabile: il Young Black Leadership Summit (YBLS).

Il summit, organizzato da Turning Point USA, l’associazione da lui fondata, ha riunito fin dal 2018 a Washington centinaia di giovani afroamericani, offrendo loro formazione imprenditoriale, occasioni di confronto e soprattutto la possibilità di essere protagonisti di un dibattito pubblico in cui, troppo spesso, la loro voce non viene ascoltata. Il momento simbolicamente più forte fu la visita dei partecipanti alla Casa Bianca, dove Donald Trump li accolse con entusiasmo, riconoscendo in loro una nuova generazione di leader pronti a rompere schemi e stereotipi.

Lungi dall’essere un gesto “di facciata”, l’evento mostrò come Kirk volesse incoraggiare i giovani afroamericani ad affermare la propria identità al di fuori della visione democratica, che spesso li rappresenta soltanto come emarginati e vittime. In questo senso, il YBLS fu una vera e propria sfida culturale: dimostrare che il movimento conservatore si interessava realmente alla crescita sociale e professionale della comunità afroamericana, andando oltre la retorica del razzismo e del vittimismo. Chi continua a sostenere che Kirk fosse animato da pregiudizi razziali dovrebbe confrontarsi con l’evidenza di un evento che ha dato visibilità e spazio a centinaia di ragazzi afroamericani, contribuendo a formare una classe dirigente diversa e più rappresentativa

Non a caso era critico verso le cosiddette affirmative action (azioni positive) e le assunzioni basate sul paradigma DEI (Diversity, Equity, Inclusion), nate negli Stati Uniti per compensare storici svantaggi razziali. Col tempo, però, queste misure sono diventate un campo di battaglia culturale e politico molto divisivo, fino a finire al centro di sentenze della Corte Suprema. Le opinioni restano contrastanti anche all’interno delle comunità afroamericane: per alcuni hanno un aspetto umiliante, perché sottintendono che le minoranze non siano in grado di competere “ad armi pari” senza un aiuto, rafforzando così lo stereotipo di inferiorità. C’è poi il rischio che studenti o lavoratori neri vengano percepiti come ammessi o assunti “solo per la quota” e non per le loro competenze reali. In quest’ottica va letta anche la sua battuta provocatoria: “se vedo un pilota nero mi preoccupo”. Una frase subito chiarita da lui stesso: “non è ciò che penso davvero, ma è l’effetto indiretto di queste politiche. Io sono convinto che un pilota nero possa avere tutte le qualifiche necessarie per guidare un aereo. Ma se una compagnia aerea dichiara di voler assumere solo in base al colore della pelle, inevitabilmente si trasmette l’idea che la selezione non avvenga sul merito, bensì sulla quota etnica. Ed è questo che, a lungo andare, può minare la fiducia nelle competenze delle persone coinvolte.”

Per Charlie Kirk dovevano prevalere i migliori, sulla base della meritocrazia, non del colore della pelle né dell’orientamento sessuale.

Lo hanno accusato di omofobia, ma molti dei suoi più stretti collaboratori erano gay. Nei suoi interventi ribadiva spesso che ciascuno ha il diritto di vivere come desidera, senza interferenze. Ripeteva che non stava a lui giudicare nessuno e che il compito di un cristiano era amare, non condannare. Anche quando non condivideva scelte personali diverse dalla sua fede, parlava di rispetto e libertà individuale, non di esclusione.

Sull’aborto, la sua posizione era chiara e coerente con quella della sua fede: la vita è sacra fin dal concepimento. Non una battaglia ideologica, ma una convinzione di fede che lo portava a difendere quelli che considerava i più deboli – i bambini non ancora nati – senza però trasformare questo in un pretesto per colpire o odiare chi la pensasse diversamente.

Era contrario all’immigrazione clandestina? Sì.  In un intervento, rispondendo alla domanda di uno studente precisa: “Come cristiani abbiamo il dovere di accogliere e aiutare chi è nel bisogno. Questo però riguarda noi, come individui. Lo Stato, invece, ha un altro compito: fissare delle regole, farle rispettare e proteggere i propri cittadini. Confondere le due cose è pericoloso: la compassione appartiene alle persone, la legge appartiene allo Stato.”

Riteneva gli immigrati pericolosi? NoCharlie Kirk non risulta aver mai definito gli immigrati come “pericolosi” in senso di minaccia o criminalità.

Era favorevole al porto d’armi? Sì, come la maggioranza degli americani, sia di destra che di sinistra. Non a caso, nessun presidente — né democratico né repubblicano — è mai riuscito a modificare o eliminare il Secondo Emendamento. Per lui era legittimo potersi difendere. E chi conosce davvero l’America sa bene che, in certe aree rurali, le armi servono ancora anche per proteggersi da predatori e animali selvaggi.

Occorre sottolineare che il porto d’armi è garantito subito dopo il Primo Emendamento, quello che tutela le libertà fondamentali: parola, religione, stampa, associazione. In altre parole, nella gerarchia dei diritti costituzionali americani, il diritto alle armi viene subito dopo le libertà essenziali. Non stupisce quindi che Kirk, profondamente legato alla Costituzione, lo considerasse un God given right, un diritto concesso da Dio e non dallo Stato.

Molti si sono stupiti quando ben 300.000 persone hanno chiesto di partecipare al suo funerale. Sono state liquidate come una folla di fanatici di destra. Ma la realtà era un’altra: Charlie Kirk era amato. Quelle 300.000 persone non erano un esercito ideologizzato, bensì un mosaico di giovani e anziani, bianchi e neri, etero e gay. Perché Kirk accoglieva tutti, dialogava con tutti, senza mai giudicare nessuno.

***

Qui sotto trovate i video che mostrano chi fosse davvero Charlie Kirk, a differenza dei suoi detrattori che si limitano a ripetere slogan senza prove o a diffondere clip tagliate ad arte. In Italia, purtroppo, la barriera linguistica ha reso più facile la circolazione di notizie false sulla sua figura e sulla sua visione, amplificando caricature e fraintendimenti. Alcuni video sono già tradotti e per altri trovate le trascrizioni allegate.

Il mio invito è semplice: guardate, ascoltate con le vostre orecchie e formatevi una vostra opinione.

Sui Gay

Sul razzismo

Traduzione in italiano:

Commentatore: Voglio mostrarvi un video di Charlie Kirk che fa il razzista per due minuti di fila.

Primo video:

Kirk: Dimmi una sola cosa che distingue biologicamente bianchi e neri.
Studente: Non cambiare la domanda: a livello di DNA siamo diversi.
Kirk: Questa è una bugia. È già stato smentito.
Prima pagina del National Geographic sei mesi fa: il razzismo è creato dalla società.
Se si guarda solo al DNA, in un laboratorio scientifico, non si può distinguere un nero da un bianco.
L’unica differenza è la melanina.
È stato dimostrato: la razza è una costruzione sociale, e io voglio uscire da questo schema.”

Secondo video:

Studente: E voglio dare credito a Charlie su questo punto.
Nel 2019, Charlie Kirk ha aiutato molti giovani neri a visitare la Casa Bianca.
Ha cambiato la vita a tanti di loro.
Molti non avrebbero mai immaginato di andarci,
e Charlie ha aiutato centinaia di ragazzi e ragazze neri ad andarci.
Charlie, grazie per questo.
Grazie, Charlie. Grazie, Charlie. Grazie, davvero.

Quindi, a chi vuole chiamare Charlie “razzista”,
baciami il culo nero (scusate il linguaggio).
Charlie Kirk non è un razzista.”

Terzo video:

Studente: Vedo che hai una maglietta anti-DEI, quindi si farà interessante.
Kirk: Beh, invece di dibattere sul DEI, perché non lo definisci?
Studente: Va bene. DEI sta per Diversity, Equity, Inclusion (Diversità, Equità, Inclusione).
Kirk: Lo so cosa significa.
Ok, io direi che DEI sta per “Didn’t Earn It” (non te lo sei guadagnato).
Studente: Oh, “non te lo sei guadagnato!?” Ci hai lavorato sopra.
Io credo sinceramente che il fatto che tu sia arrivato a questo punto,
pur essendo già sottorappresentato nei campus,
dimostri che ti sei davvero guadagnato quei finanziamenti,
che ti sei davvero guadagnato quelle opportunità create apposta per te.

Kirk: Cerchiamo un terreno comune.
Pensi che le persone debbano essere assunte in base alla razza o alle competenze?
Studente: Io penso che debbano essere assunte in base alle competenze, non alla razza.
Kirk: Su questo siamo d’accordo, giusto?
Quindi quello che il DEI fa in pratica, non in teoria,
è dare più importanza alla razza che alle competenze.
Questo è il nostro problema.
Io vorrei — e tu sembri molto appassionato e con abilità da spendere nella vita —
che tu fossi sempre giudicato sul contenuto del tuo carattere,
non sul colore della tua pelle.
Mentre il DEI dice: no, ci interessa di più il colore della pelle che le competenze.
Noi vogliamo invece un’America basata sul merito,
un’America basata su quanto lavori sodo,
su quello che porti in tavola, non su come appari.”

Commentatore: Ecco qua il “razzismo” che viene fuori!
Oh, sì, Charlie è proprio un razzista, eh?
Ma per favore, chiudete quella porta.
Solo gli idioti credono che Charlie sia razzista.

https://www.facebook.com/share/v/1CLHJxTh1y

Sul DEI

Sui Queer

Sulla affermative action

https://www.facebook.com/reel/1151026790225907

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