Chi ha ucciso Charlie Kirk?

Non condividevo molte delle idee di Charlie Kirk, ma lo ascoltavo volentieri. Mi piaceva il suo modo di argomentare: logico, strutturato, sempre capace di motivare le proprie scelte. Lui, ad esempio, era profondamente credente e contrario all’aborto. Anche il Papa lo è: vogliamo far fuori anche lui?

Io sono favorevole all’aborto. Perché non si può costringere una donna a portare avanti per nove mesi una gravidanza non desiderata, per poi mettere al mondo un bambino non voluto. Per lo stesso motivo, sono contraria alla maternità surrogata: non si può mercificare il corpo femminile né trasformare la vita in un prodotto.

Questo significa che odio chi la pensa diversamente? Che vorrei eliminarli o ridurli al silenzio? Ovviamente no. Semmai vorrei discutere con loro, confrontarmi, cercare di convincerli con argomenti e ragionamenti. Ed è proprio ciò che faceva Kirk. Aveva riportato al centro del dibattito il principio del free speech, un tempo molto vivo nel mondo anglosassone: due contendenti esponevano tesi opposte, e il pubblico decideva chi fosse stato più persuasivo. Kirk invitava chiunque a confrontarsi con lui, a portare sul tavolo idee e argomentazioni diverse.

Ma parliamoci chiaro: a condannarlo è stata la sua presa di posizione contro le teorie gender. Federico Rampini ha definito i sostenitori di questo movimento “una lobby cattivissima e pericolosissima”. Non è più un semplice tema di dibattito culturale: c’è una pressione crescente e martellante per imporre certe visioni, soprattutto nelle scuole e nelle università. Nascono cattedre per spiegare che “non si può definire cosa sia una donna”. Maestre insegnano ai bambini delle elementari che “potrebbero essere nati nel corpo sbagliato”. Psicologi dicono ai genitori di adolescenti problematici che l’unica soluzione è il cambio di sesso, altrimenti i loro figli rischiano di suicidarsi.

Chi c’è dietro questo disegno, ancora non è chiaro. Certo è che si muovono interessi economici enormi: chi intraprende un percorso di transizione dovrà assumere ormoni per tutta la vita, senza contare i costi chirurgici. Ma sembra esserci qualcosa di più profondo e inquietante, un progetto che va oltre il business. E chiunque osi opporsi rischia molto: prima la reputazione, poi l’isolamento sociale e, come abbiamo visto, persino la propria vita.

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