Tutti contro Bezos, ma quanti non hanno mai comprato da Amazon?

“Amareggiato.” Così viene descritta la reazione di Jeff Bezos da chi ha avuto modo di parlargli durante le sue giornate a Venezia, assediato da proteste tanto visibili quanto, verrebbe da dire, prevedibili. “Non capisco…” avrebbe ripetuto più volte, sconsolato, il fondatore di Amazon, osservando da lontano la coreografia dei manifestanti che sfilavano per le calli e i canali della città lagunare.

Ogni scusa è buona, ormai, per inscenare una protesta. Stavolta, il bersaglio è stato uno dei matrimoni più chiacchierati dell’anno, quello tra Bezos e la giornalista statunitense Lauren Sánchez. Nell’ultimo giorno di festeggiamenti, centinaia di persone hanno attraversato Venezia per denunciare, a loro dire, lo “sfruttamento” della città da parte dei miliardari globali. Ma verrebbe da chiedere: quanti di quei manifestanti non hanno mai ordinato nulla su Amazon? Quanta coerenza può vantare chi brandisce cartelli contro il capitalismo mentre usa uno smartphone made in Silicon Valley?

Il corteo, promosso dal comitato “No Space for Bezos”, è partito dalla stazione ferroviaria e ha raggiunto campo Erbaria, ai piedi del Ponte di Rialto. Striscioni, gonfiabili, persino un carro allegorico con un manichino di Bezos che stringe scatole Amazon e dollari falsi: il messaggio, almeno visivamente, era chiaro. Lunedì, altri attivisti si sono uniti a Greenpeace e al gruppo britannico “Everyone Hates Elon”, inscenando anche una distruzione simbolica di auto Tesla e srotolando un enorme striscione in Piazza San Marco: “Se puoi affittare Venezia per il tuo matrimonio, puoi pagare più tasse”.

La protesta, spiegano gli organizzatori, non è contro il matrimonio in sé, ma contro ciò che rappresenta: “Non stiamo protestando contro le nozze – ha dichiarato Marta Sottoriva a Euronews – ma contro la visione di Venezia come città da consumare”. Parole che suonano nobili, ma rischiano di perdersi nella solita retorica.

Che Bezos sia un personaggio divisivo è fuori discussione. Ma non dovrebbe forse renderci orgogliosi che, ancora una volta, chi può scegliere qualsiasi luogo al mondo, abbia scelto l’Italia? Mentre c’è chi grida allo scandalo, chi può permetterselo continua a investire nel nostro paese, riconoscendone la bellezza, il valore e il fascino. Una riflessione più onesta e meno ideologica su questo dato non sarebbe forse più utile di una sfilata di slogan?

In un’epoca dove l’incoerenza è diventata quasi una virtù, forse dovremmo smettere di scandalizzarci e cominciare a domandarci perché chi ha il mondo a disposizione continui a scegliere proprio il nostro Bel Paese.

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