Un ponte che dovrebbe unire e invece divide

Non mi capacito.

Davvero, non riesco a capacitarmi.
Ma come si fa a non vedere i vantaggi che il Ponte sullo Stretto porterebbe — non solo al Sud — ma a tutta l’Italia?
Proprio non capisco.
C’è qualcuno che riesce a spiegarmelo con motivazioni concrete e non ideologiche?


Migliaia di posti di lavoro, un simbolo di prestigio e di avanguardia, un capolavoro di ingegneria destinato a diventare il nostro fiore all’occhiello — come il Golden Gate Bridge per la California, il ponte sul Bosforo per la Turchia o l’Øresund Bridge che unisce la Danimarca alla Svezia. Milioni di turisti verrebbero ad ammirarlo, con benefici enormi per le imprese e per tutto il settore turistico.

Non sono né calabrese né siciliana. In Sicilia ci vado in aereo, quindi potrei anche dire: “a me cosa importa se il ponte si fa o no?”.

E invece mi vergogno.

Mi vergogno di offrire di nuovo al mondo l’immagine di una Italia che non vuole andare avanti. Di sentire italiani – persino siciliani e calabresi – sputare su un’occasione storica per cambiare la percezione che da sempre viene trasmessa del nostro meridione: quella di un luogo arretrato, isolato, servito da traghetti vecchi, lenti e puzzolenti, che ormai non si trovano più nemmeno nel cosiddetto “terzo mondo”. Perché anche lì, oggi, i ponti si costruiscono. Le infrastrutture si fanno.

In Italia, invece, ci sono ancora persone che preferiscono restare fermi, ostacolando ogni passo avanti in nome di ideologie, pregiudizi o pura opposizione politica. Da 40 anni li sento ripetere “prima occorre fare altro”- e nel frattempo non si è fatto né altro né il Ponte. Si lamentano dei disservizi, dei trasporti, dei ritardi — ma quei problemi dipendono dalle Regioni! Proprio la costruzione del Ponte potrebbe finalmente spingere le amministrazioni locali a fare le opere che servono davvero, a migliorare strade, sanità e servizi. Perché quando arriva un’opera così grande, tutto il resto deve adeguarsi.

Già oggi ci sono migliaia di candidature per lavorare al Ponte.
E se il progetto si ferma, si perdono migliaia di posti di lavoro veri, non teorici.
E allora mi chiedo: dove sono i sindacati?
Possibile che indicano scioperi solo contro il Governo e non per difendere i lavoratori che rischiano di perdere questa occasione?

E poi parliamoci chiaro: la Corte dei Conti non ha bocciato il Ponte, non ha espresso alcuna valutazione tecnica (e ci mancherebbe!): i giudici hanno chiarito che entro 30 giorni renderanno note le motivazioni del provvedimento, anticipando però che si tratta esclusivamente di rilievi burocratici legati alla delibera CIPESS, e non di questioni riguardanti la convenienza, realizzazione o la sicurezza del Ponte sullo Stretto.

Anche perché il progetto è stato studiato nei minimi dettagli dagli ingegneri, geologi e progettisti più qualificati del mondo: italiani, danesi, giapponesi e statunitensi, e rappresenta l’opera pubblica più studiata nella storia. Da questo progetto sono nati i cosiddetti “Messina type bridges”, adottati come modello in altre parti del mondo.
Come si può pensare che non siano state analizzate e affrontate tutte le criticità? Bloccarlo per motivazioni estranee al progetto significa condannarci a una marginalità sempre più grave, mentre il resto d’Europa investe in connessioni, velocità e competitività.

Non riesco a capire come un Paese che ha costruito ponti nel mondo intero non trovi il coraggio di costruirne uno in casa propria.

Il Ponte non è un capriccio politico, è un’infrastruttura strategica europea.
Fa parte del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, un piano che collega la Sicilia alla Svezia, integrando porti, ferrovie e autostrade.
I fondi arrivano dall’Unione Europea e sono vincolati: non si possono usare per sistemare strade o acquedotti.
Chi dice il contrario, o non sa di cosa parla… o preferisce che l’Italia resti ferma.

Nel frattempo, lo Stato ha già avviato i lavori per modernizzare autostrade e ferrovie in Calabria e Sicilia.
Ma senza il collegamento del Ponte, tutto questo diventa inutile.

Come si fa a volersi tagliare le gambe solo per fare un dispetto al governo?
Questo progetto non è “di destra” o “di sinistra”: è un’occasione storica per l’Italia intera.

Perché? Perché deve sempre vincere l’ideologia e la faziosità contro la logica?

Questo ponte dovrebbe unire non dividere.

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