È davvero stancante dover ribadire sempre gli stessi concetti a chi interviene senza essersi minimamente documentato, ignorando persino le basi delle competenze tra Stato e Regioni, e limitandosi a ripetere slogan e frasi fatte. Le disfunzioni locali, che molti usano come argomento per opporsi al Ponte – i cosiddetti “benaltristi” (coloro che sostengono che bisognerebbe investire quei soldi in “ben altro”) – non dipendono dal Governo centrale, ma dalla cattiva gestione delle autorità regionali.
La Sicilia, con il suo statuto speciale e risorse dedicate, avrebbe potuto e dovuto garantire infrastrutture efficienti, una gestione seria dell’acqua, strade sicure, manutenzione adeguata del territorio e impianti moderni per lo smaltimento dei rifiuti. Invece, negli ultimi decenni, la politica regionale ha mostrato incapacità e approssimazione, aggravando i problemi. Un paradosso se si pensa che la Regione siciliana, a differenza delle Regioni ordinarie, gode di ampie competenze legislative e finanziarie: eppure queste prerogative non si sono tradotte in un miglioramento della qualità della vita, ma in un’amministrazione spesso inefficiente e clientelare.
Il Ponte, al contrario, è un’iniziativa nazionale, promossa e finanziata dallo Stato centrale e sostenuta anche dall’Unione europea attraverso fondi destinati a grandi progetti strategici per la mobilità, l’integrazione territoriale e la sostenibilità. Lo Stato non può sostituirsi alle competenze delle amministrazioni locali, non può dirottare questi fondi su “ben altro”. Si tratta di risorse vincolate, cioè destinate esclusivamente a infrastrutture di trasporto, e dunque non dirottabili su altri capitoli di spesa. Lo Stato non può, per legge, utilizzare fondi europei destinati alle reti TEN-T (le reti transeuropee dei trasporti) per sistemare le strade comunali, rifare gli acquedotti o costruire termovalorizzatori: queste sono competenze e responsabilità delle amministrazioni locali.
Inoltre, alcuni – forse la maggioranza- pensano che sia solo un ponte tra la Sicilia e la Calabria, in realtà è un pezzo fondamentale del progetto TEN-T, il corridoio Scandinavo-Mediterraneo e avrà un ruolo strategico a livello europeo. Il ponte è parte di un’opera più ampia che include anche un piano integrato di collegamenti ferroviari e stradali, sia in Calabria che in Sicilia. Un’occasione unica per trasformare due regioni spesso dimenticate in veri snodi strategici del Mediterraneo. Fermarlo per motivazioni estranee al progetto significa condannarle a una marginalità sempre più vergognosa, mentre il resto del Paese e dell’Europa investono in connessioni, velocità e competitività.
Proprio l’Europa ci chiede di potenziare e velocizzare Il corridoio merci Scandinavo-Mediterraneo, il quinto corridoio europeo TEN-T (per chi non sapesse cosa sia breve wiki a riguardo di rfi: https://www.rfi.it/it/rete/in-europa/corridoi-merci/corridoio-merci-scandinavo-mediterraneo.html). Ogni giorno centinaia di container provenienti da Suez, sfiorano la Sicilia e risalgono da Gibilterra per approdare nelle fiandre. Questi sono MILIARDI di euro che regaliamo ad Amsterdam e Rotterdam: con il ponte sullo stretto di Messina e l’alta velocità fino in Sicilia, l’Italia veicolerebbe questi container nei porti di Augusta e strapperebbe miliardi di euro e posti di lavoro all’Olanda.
Non riesco a capire come si possa non vedere che un’opera come questa porterà prestigio a tutta l’Italia: sarà un simbolo di eccellenza ingegneristica e innovazione, ammirato a livello globale. Un biglietto da visita che mostrerà al mondo cosa è capace di realizzare il nostro Paese. Webuild è l’avanguardia delle infrastrutture nel mondo, dal canale di Panama fino alle opere in California: firmerà con successo anche il ponte di Messina!
Cosa importa chi lo ha promosso? Nessuno ricorderà chi era al Governo quando sarà finito. Ciò che resterà sarà l’opera, che attraverserà i decenni come patrimonio collettivo e segno di progresso.
Quando sarà realizzato, il Ponte sullo Stretto non sarà più un terreno di scontro politico ma un simbolo dell’Italia che guarda avanti. E ciò che conterà, finalmente, non sarà più chi lo ha voluto, ma ciò che rappresenta.
Sono in corso interventi di restyling di alcuni tratti sull’autostrada del Mediterraneo (Salerno–Reggio Calabria): a nord di Cosenza e a sud di Pizzo Calabro, mentre il tracciato a sud di Cosenza verrà ricostruito ex novo, con demolizione dell’attuale percorso. L’investimento è di 3 miliardi di euro.
Parallelamente, sono stanziati 10 miliardi di euro per la nuova Statale Ionica e per il potenziamento delle autostrade siciliane. Queste opere saranno interconnesse grazie al ponte sullo Stretto di Messina, che consentirà una continuità autostradale veloce ed efficiente, con benefici sia per i cittadini che per le imprese.
Allo stesso tempo, si stanno realizzando nuove linee ferroviarie di ultima generazione, per un investimento di decine di miliardi di euro. Anche queste infrastrutture saranno rese funzionali e sostenibili grazie al ponte.
Oggi lo Stretto di Messina rappresenta l’unica interruzione stradale e ferroviaria sull’intero corridoio scandinavo-mediterraneo a livello europeo: un’anomalia che genera ogni anno perdite economiche superiori a 6 miliardi di euro. Con la realizzazione del ponte, questa storica criticità si avvia verso una soluzione definitiva.
Investimenti ferroviari nel Sud Italia e il ruolo imprescindibile del Ponte sullo Stretto di Messina
È necessario essere chiari e concreti: realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità tra Napoli e Palermo richiede uno degli investimenti più grandi e complessi della storia europea. Le linee ad alta velocità da almeno 250 km/h, specialmente in territori complessi dal punto di vista orografico, necessitano di numerose gallerie e viadotti. Questo comporta costi da record, pari a decine di miliardi di euro.
Una stima realistica per un tracciato AV tra Napoli e Palermo parla di almeno 50 miliardi di euro: una cifra colossale che non può essere affrontata senza garantire la continuità territoriale e ferroviaria tra Sicilia e continente. Dal punto di vista tecnico e scientifico, un’opera di tale portata ha senso solo se la Sicilia è collegata stabilmente al resto della rete AV nazionale.
Per questo il Ponte sullo Stretto di Messina non è un’opera “accessoria” o successiva, ma un prerequisito indispensabile. Senza un collegamento stabile, i treni AV non possono attraversare lo Stretto: non esistono traghetti capaci di trasportarli in modo efficiente e, anche se esistessero, il solo attraversamento comporterebbe una perdita di almeno due ore per soli 3 km di mare, annullando di fatto i vantaggi dell’alta velocità.
Le linee ferroviarie ad alta capacità (200 km/h) già rappresentano infrastrutture di altissimo livello, superiori alla media mondiale, dove la velocità media è intorno ai 100 km/h. In Italia, tra le principali metropoli, si arriva a 300 km/h, ma un simile standard in Sicilia non avrebbe alcun senso senza il Ponte, poiché taglierebbe fuori la possibilità di collegare l’isola a città come Napoli, Roma, Firenze o Milano.
Non a caso, il tracciato Messina–Catania–Palermo oggi in costruzione (13 miliardi di euro) è ad alta capacità, non ad alta velocità: un’AV a 300 km/h avrebbe richiesto almeno il doppio dell’investimento, senza poter essere sfruttata appieno. Inoltre, le linee AV non prevedono fermate intermedie frequenti, penalizzando ulteriormente l’utenza locale.
Il ritardo nella realizzazione del Ponte ha provocato danni enormi alla Sicilia: la condizione di insularità comporta oltre 6 miliardi di euro di costi extra ogni anno per cittadini e imprese. Il Ponte, con un costo stimato di 13 miliardi (opere accessorie incluse), eliminerebbe questa perdita strutturale in modo definitivo.
Attualmente, a sud di Salerno, sono stanziati 17 miliardi di euro per la nuova AV fino a Paola (Cosenza), con un risparmio di circa un’ora tra Roma e Reggio Calabria. Ma senza Ponte, questi investimenti non potrebbero beneficiare anche i 5 milioni di abitanti di Sicilia e Calabria meridionale, rendendoli di fatto soldi sprecati. Con il Ponte, invece, diventerebbero spese strategiche, capaci di aprire la strada a tracciati AV anche in Sicilia.
Ignorare questi dati matematici, economici e ingegneristici equivale a fare pura propaganda. Opporsi al Ponte significa ostacolare lo sviluppo, condannare milioni di persone a costi e svantaggi strutturali e perpetuare un isolamento che dura da secoli.
Se il Ponte fosse stato costruito quando se ne discuteva decenni fa, oggi sarebbe già operativo, portando benefici enormi all’economia italiana e al benessere di milioni di cittadini. Ogni ulteriore rinvio non è solo un errore politico: è un danno diretto al futuro dell’Italia.
La spettacolare Autostrada del Mediterraneo (Salerno–Reggio Calabria), nel suo tratto finale, rappresenta un capolavoro di ingegneria: un percorso fatto esclusivamente di imponenti viadotti e lunghissime gallerie, necessario per superare la complessità di un territorio montuoso. Qui sorgerà il raccordo con il Ponte sullo Stretto, che consentirà di proseguire verso le autostrade siciliane senza doversi incolonnare nei centri urbani e fermarsi.
È una delle opere autostradali più complesse d’Europa, e vanta un tracciato da record. Realizzata negli anni ’60 in otto anni, è stata poi ammodernata tra 2001 e 2016, con la costruzione di un nuovo tracciato in variante e la demolizione del vecchio. Oggi è un’autostrada moderna, scorrevole e gratuita. Con il Ponte, diventerà un vero collegamento diretto anche per la Sicilia, mettendosi al servizio di altri cinque milioni di persone.
Resta un tratto meno performante tra Cosenza e Altilia, ma ANAS ha confermato che sarà ammodernato in variante, come il resto del tracciato, in vista dell’apertura del Ponte. Nel video (velocizzato 3x) si può anche ammirare il magnifico viadotto Favazzina, il ponte più bello d’Italia, realizzato dall’azienda impegnata nella costruzione del Ponte sullo Stretto.
https://www.facebook.com/100064921951018/videos/1424348835301170