Com’è possibile che un locatore, pur non avendo mai registrato il contratto di affitto, riesca a vincere cause ingiuste, intentate al solo scopo di spillare denaro all’inquilino?
Quanti inquilini si sono trovati nella paradossale situazione di essere sfrattati da un appartamento già liberato da tempo, sulla base di un contratto mai registrato dal proprietario, e condannati, per giunta, a pagare i canoni dei mesi in cui non occupavano più l’immobile perché il proprietario rifiutava abilmente di farsi riconsegnare le chiavi?
Ebbene è capitato a me. Il proprietario dell’appartamento che avevo preso in affitto era un ammiraglio, ex Capo di Stato di Stato Maggiore della Marina, insomma un “pezzo grosso”, è il caso di dirlo, uno di quelli contro i quali è meglio non misurarsi.
A colpi di ingiunzioni e di sentenze inspiegabilmente favorevoli del Tribunale di Roma, lui e il suo avvocato sono riusciti ad ottenere, sulla base di un contratto mai registrato, aumenti ISTAT, canoni di affitto pretesi dopo che avevo lasciato l’appartamento perché il proprietario rifiutava abilmente di farsi restituire le chiavi, pagamento di rate condominiali straordinarie che avrebbero dovuto essere a carico del locatore e, infine, la mancata restituzione dei due mesi di deposito cauzionale, da me versati alla stipula del contratto, con l’aggiunta del pagamento di danni inesistenti sulla sola base di una relazione di parte, redatta senza che ci fosse stato un contraddittorio.
Grazie a queste sentenze il proprietario e il suo avvocato sono riusciti ad estorcermi più di € 30.000,00 non dovuti. Mi hanno pignorato il conto corrente (che non hanno ancora sbloccato, dopo 2 anni, anche se ormai hanno ottenuto tutte le somme richieste), pignorato il quinto dello stipendio, messo una ipoteca sulla casa di mia proprietà benché avessi già pagato le somme liquidate in sentenza. Ogni volta, per colmo di beffa, sono stata pure condannata a pagare le loro spese legali, oltre le mie naturalmente.
Circa un anno fa avevo pubblicato la mia storia in alcuni forum per mettere in guardia contro locatori disonesti che grazie alla “sprovvedutezza” di certi magistrati riescono a perpetrare autentici furti legalizzati nei confronti di ignari inquilini. Purtroppo la mia vicenda si è conclusa con l’ennesima beffa:
“Nel 2003 mi trasferii a Roma e presi in affitto un appartamento di cui la Sig.ra V. era proprietaria. Il canone mensile veniva convenuto in euro 2.400,00. Malgrado i miei numerosi solleciti il contratto non fu mai registrato dalla proprietaria.
Pagai sempre regolarmente i canoni tramite bonifici bancari finché nel 2007 la locatrice mi chiese gli aumenti ISTAT ed io risposi che glieli avrei riconosciuti a patto che registrasse il contratto.
Da quel momento iniziò una vera e propria persecuzione giudiziaria nei miei confronti.
Occorre precisare, tuttavia, che il vero artefice era in realtà il marito della sig.ra V., un ammiraglio, già Capo di Stato Maggiore della Marina, ora in pensione. Per capire chi è costui basta ricordare che nel 1998 (era comandante in capo di una squadra navale) fu indagato per concorso in omicidio colposo plurimo e procurato naufragio in cui morirono 108 persone. Nella sentenza di condanna, emessa 14 anni dopo, il suo nome era miracolosamente scomparso dall’iter processuale sin dal giudizio di primo grado.
Questo fatto è importante per capire contro chi mi andavo a scontrare.
Dietro il mio ennesimo invito a registrare il contratto, il locatore mi inviò un “contratto verbale” a firma unilaterale recante una cifra di locazione superiore a quella pattuita; feci notare che quel contratto non era valido, in quanto non era stato concordato né firmato da me.
Per tutta risposta, qualche giorno dopo, ricevetti una ingiunzione di sfratto per morosità conteggiando gli aumenti ISTAT non versati.
Incredibilmente, benché il comma 346 della Finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) sancisce la nullità dei contratti di locazione non registrati con effetti anche civilistici, venni condannata al pagamento della somma di € 1.700,00, oltre a interessi legali, per adeguamenti ISTAT, a favore della sig.ra V. dal Tribunale di Roma. Fu invece respinta la convalida di sfratto.
Lo stesso giorno eseguivo il pagamento di € 1.789,00 (€ 89,00 per le spese legali), a mezzo bonifico a favore della Sig.ra V.
Nonostante l’avvenuto e tempestivo pagamento, e senza alcuna preventiva comunicazione al mio avvocato, due mesi dopo il suo avvocato iscriveva, sulla base della citata sentenza, ipoteca giudiziale su un appartamento di mia proprietà che avevo nel frattempo acquistato e nel quale progettavo di trasferirmi appena finiti i lavori di ristrutturazione.
Inoltre, mi notificò un atto di precetto per il pagamento della suddetta somma, includendo spese e costi dell’iscrizione ipotecaria per un totale di € 3.094,33, importo quasi doppio rispetto alla somma liquidata in sentenza. Fui quindi costretta a proporre opposizione al precetto, pur avendo già pagato quanto dovuto.
Ovviamente, considerata l’esiguità della cifra contro le garanzie che offriva il mio appartamento,nasce il ragionevole dubbio che l’iscrizione dell’ipoteca effettuata dall’avvocato di controparte non avesse tanto lo scopo dichiarato di garantire il credito quanto quello di vessarmi senza alcuna corrispondenza ad effettive ragioni di tutela della propria assistita.
Fino a quel momento avevo sempre pagato le rate di condominio ma il mio avvocato scoprì, da una verifica del bilancio, che nelle quote condominiali erano comprese spese straordinarie, anche ingenti, di competenza della locatrice. Sospesi il pagamento delle successive rate di condominio e inviai una raccomandata alla Sig.ra V. e all’amministratoreper richiedere l’indicazione specifica delle spese con la menzione dei criteri di ripartizione, senza tuttavia ricevere alcuna risposta. In data 31 ottobre 2009 l’avvocato di controparte presentava atto di citazione per convalida di sfratto per le rate di condominio non pagate, dove si chiedeva emissione di decreto ingiuntivo. Benché il procedimento fosse in corso, in data 18 giugno 2010 mi veniva notificato un Decreto Ingiuntivo di € 9.875,24 per oneri accessori non corrisposti, oltre alle spese sostenute dalla sig.ra V. per le azioni legali intraprese dal condominio nei suoi confronti (spese che non potevano certo essere addebitate alla conduttrice). Presentai opposizione ma come al solito il locatore vinse la causa e dovetti quindi pagare le rate condominiali senza distinzione tra spese ordinarie e straordinarie, con l’aggiunta delle spese legali.
Nel 2010, avendo ormai completato i lavori di ristrutturazione del mio appartamento, decisi di trasferirmi e inviai regolare disdetta del contratto di locazione con tre mesi di preavviso, come previsto dal contratto, impegnandomi a lasciare libero l’appartamento e a riconsegnarlo entro il 15 luglio 2010.
Prevedendo che il proprietario non mi avrebbe mai restituito i due mesi di deposito cauzionale versati alla stipula del contratto, inviai una lettera in cui precisavo che avrei compensato i canoni di maggio e giugno, trattenendo da quello di aprile gli interessi legali, più volte richiesti e mai corrisposti. Non ricevetti risposta alla mia lettera.
Come mi ero impegnata a fare, in data 15 luglio 2010 liberai l’immobile e inviai alla Sig.ra V. una lettera raccomandata per informarla del rilascio e per chiederle un appuntamento per la riconsegna delle chiavi. Non ebbi alcuna risposta.
Inviai di nuovo una raccomandata A.R., invitando e diffidando la proprietaria ad accettare la riconsegna dell’immobile e delle chiavi. Detta raccomandata non veniva però ritirata dalla locatrice.
Non avendo ricevuto alcun riscontro, in data 26 luglio 2010 inviai un telegramma e in data 03 agosto una raccomandata A.R. sollecitando nuovamente l’incontro per riconsegnare l’immobile e le chiavi. Nessuna risposta da parte dei proprietari.
Con mia grande sorpresa mi vidi invece notificare una intimazione di sfratto per il mancato pagamento dei canoni relativi ai mesi di aprile, maggio, giugno e luglio con la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo di 10.000,00 euro (€ 2.500 x 4).
L’udienza per lo sfratto si svolse il 2 settembre. Il mio avvocato precisò che l’appartamento era già stato liberato due mesi prima, ciononostante il Giudice convalidò lo sfratto sulla base di un contratto MAI REGISTRATO dal proprietario,.
Un vera e propria beffa: SFRATTATA DA UN APPARTAMENTO CHE AVEVO GIÀ LIBERATO DUE MESI PRIMA!
Il giudice motivò la sua decisione affermando che i telegrammi non sono considerati mezzi di notifica validi e nemmeno la lettera di disdetta del contratto è sufficiente per dimostrare la reale volontà di restituire le chiavi e l’appartamento. L’errore del mio avvocato fu di non offrire le chiavi in quella sede.
Dopo l’udienza invai un ulteriore telegramma, sollecitando un incontro urgente per la riconsegna delle chiavi avvertendo che in mancanza di una risposta avrei provveduto alla riconsegna mediante Ufficiale Giudiziario. Solo in data 22 settembre 2010 la locatrice rendeva possibile la riconsegna dell’appartamento accettando la restituzione delle chiavi presso lo studio del suo avvocato e rinunciando alla verifica dello stato dell’appartamento.
Nella speranza di ammansire l’ammiraglio avido e bellicoso, in data 19 ottobre 2010, versai i due canoni che avevo trattenuto per compensare il deposito cauzionale, benché non mi fosse stato ancora restituito. Effettuai un bonifico bancario a favore della sig.ra V., per un importo di € 5.985,80 corrispondenti al residuo canone di aprile e ai canoni di maggio e giugno, oltre agli interessi, in quanto importi non contestati.
Pensavo che a quel punto mi avrebbero lasciato in pace ma mi sbagliavo.
Malgrado questo pagamento e senza attendere l’esito del ricorso da me presentato per contestare la richiesta dei canoni di luglio, agosto e settembre – mesi in cui non occupavo più l’appartamento ed avevo invano cercato di restituire le chiavi – l’avvocato di controparte, grazie ad un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, in data 19 novembre 2010, eseguì il pignoramento del mio conto corrente bancario. Pignoramento che scoprì solo tramite una verifica dell’estratto conto on-line e che mi venne notificato solo in data 15.12.2010.
Parallelamente al pignoramento del mio conto corrente l’avvocato di controparte riuscì ad ottenere il pignoramento del quinto del mio stipendio. Nessun legale, di solito, effettua il pignoramento quando un procedimento giudiziario è ancora in corso, senza attendere l’esito della causa… a meno che non abbia la certezza di vincere!
In effetti poteva dormire sonni tranquilli, come ho potuto ahimé constatare, poiché anche il giudice gli diede ragione contro ogni logica, ritenendo che le mensilità di luglio, agosto e settembre erano dovute, anche se avevo già liberato l’appartamento, poiché non ci eravamo opposti allo sfratto. Ovviamente il mio avvocato aveva messo a verbale che si opponeva allo sfatto in quanto l’appartamento era già stato liberato, aveva dimostrato la mia volontà di restituire le chiavi esibendo lettere e telegrammi, ma ciononostante la sua collega aveva convalidato lo sfratto.
Per giustificare la mancata restituzione del deposito cauzionale, l’avvocato della proprietaria inviò al mio avvocato, e a me solo per conoscenza, la relazione di un tecnico in cui si elencavano una serie di danni inesistenti per i quali il locatore chiedeva un risarcimento di € 14.100,00. Occorre precisare che nel 2003 l’appartamento mi era stato consegnato nelle condizioni in cui il precedente conduttore l’aveva lasciato, senza alcun lavoro di ripulitura o ristrutturazione, ed avevo provveduto a tinteggiare due stanze ed il bagno di servizio, che si presentavano in pessimo stato, a mie spese senza chiedere rimborsi.
Per concludere la vicenda e aggiungere l’ennesima beffa al danno, la sentenza emessa dal giudice ha riconosciuto i presunti danni lamentati dal proprietario sulla sola base della relazione di un tecnico di parte, relazione chiaramente pretestuosa con importi gonfiati e spropositati.
Quindi non solo la Sig. ra V. e il suo degno consorte, non dovranno restituirmi il deposito cauzionale indebitamente trattenuto, ma potranno ristrutturare la loro casa a mie spese. Ah dimenticavo, il giudice mi ha anche condannata al pagamento delle spese legali all’avvocato di controparte.
Il giorno dopo la notifica della sentenza, l’avvocato di controparte, tronfio dell’orgoglio malsano di chi è consapevole di aver beffato la Giustizia ha chiamato il mio avvocato e gli ha detto in tono beffardo: “Ma davvero pensavate di vincere contro il mio cliente?”
Ho inviato anche un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per richiedere l’accertamento della eventuale violazione dell’art. 6 e dell’art. 49 del codice deontologico forense ovvero la ricorrenza di altra infrazione disciplinare per la molteplicità di azioni giudiziarie marcatamente vessatorie promosse dall’Avv. di controparte nei miei confronti, allo scopo di aggravare la mia situazione debitoria senza che vi fossero effettive ragioni di tutela della parte assistita. Ma un anno dopo ho ricevuto la notifica di archiviazione da parte del COA.
non ho parole! e se le ho è meglio che non le dica ….
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Volendo credere alla buona fede dei giudici, quello che emerge dalle sentenze è che prestino molta più attenzione ai cavilli burocratici che non a far trionfare la giustizia. Non entrano nel merito delle questioni, non cercano la verità ma solo di applicare le norme, finendo per premiare delinquenti e truffatori. Il cittadino onesto non si sente tutelato, non riesce a far valere le sue ragioni ed è doppiamente beffato.
Non parlo solo dell’Italia ma è forse ancora più palese negli Stati Uniti dove, ad esempio, anche in presenza di una prova schiacciante per l’imputato il giudice non può tenerne conto se questa è stata acquisita senza rispettare le modalità previste dalla legge.
Nel mio caso, le motivazioni addotte per giustificare le varie sentenze dimostrano inequivocabilmente che c’è qualcosa di profondamente ingiusto nella cieca applicazione delle norme e che la giustizia giusta non riesca quasi mai a prevalere.
Il primo giudice infatti, pur trovandosi di fronte ad un chiaro caso di evasione fiscale non ha punito il colpevole ma ha sancito che, essendo il contratto stato firmato nel 2003, quindi prima dell’entrata in vigore della finanziaria 2005, e non potendo una legge essere retroattiva il contratto doveva essere considerato valido.
In due altri casi i magistrati hanno rilevato un vizio di forma nella presentazione del ricorso e non hanno quindi tenuto conto di quanto esposto nelle memorie di comparsa.
La sentenza di sfratto è stata motivata dal giudice con la impossibilità di tener conto di telegrammi e raccomandate, in cui chiedevo di poter restituire le chiavi, perché non avendo la ricevuta di ritorno non potevo dimostrare che il mittente le avesse ricevute e che fosse stata perfezionata la notifica.
Per quanto riguarda il pagamento dei canoni non dovuti il giudice ha stabilito che dato che il mio avvocato non si era formalmente opposto allo sfratto non poteva prendere in considerazione i fatti esposti nelle memoria difensiva.
L’ultima, la mancata restituzione del deposito cauzionale e la condanna alle spese è forse quella più inspiegabile, il giudice ha tenuto conto solo della perizia di parte perché avrei dovuto produrre a mia volta una perizia, quindi sborsando altri soldi.
Insomma un cittadino che non ha mezzi e non può permettersi un avvocato di grido non riuscirà mai a far valere le proprie ragioni.
Tutto questo può portare a dei livelli di esasperazione insostenibili e alla conclusione che la giustizia non esista più nella nostra società. I giudici sono ben lontani dall’essere dei novelli Salomone, si identificano più in scialbi burocrati lautamente pagati per applicare le norme, compito che anche un impiegato qualsiasi potrebbe svolgere.
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